Drammatico, Recensione

UN AMORE SENZA TEMPO

Titolo OriginaleEvening
NazioneU.S.A./ Germania
Anno Produzione2007
Durata117'
Tratto dadall'omonimo romanzo di Susan Minot
Fotografia
Scenografia
Costumi

TRAMA

Ann in punto di morte, assistita dalle figlie, ricorda il matrimonio della sua migliore amica, Leyla, le sue ambizioni di cantante e il suo unico amore, durato il tempo di due giorni.

RECENSIONI

L’affermazione tematica cui il film ci vuole condurre è, a mio parere, molto esplicita e si racchiude nelle parole che la vecchia Ann dice alla figlia Nina in punto di morte come ultimo consiglio, frutto di una tardiva meditazione sul passato: nella vita non esistono sbagli. Un amore senza tempo non è, o almeno non vuole essere, il racconto di una storia d’amore, ma piuttosto una riflessione sul tema della Scelta – tutta individuale – tra le esistenze possibili. Non è un caso che, nei due livelli temporali in cui la storia si disloca, ci vengono presentati, in rapporto simmetrico tra loro, due modelli di vita opposti: da un lato Ann e Nina che, irrequiete e ambiziose, sognano l’amore impossibile; e dall’altro Leyla, la migliore amica di Ann, e Connie, la sorella di Nina, che si accontentano, tra mille difficoltà, di un’esistenza più modesta, fatta di bambini chiassosi e di mariti che non si amano fino in fondo. In modo un po’ frettoloso Koltai risolve il conflitto tra sognatori e realisti a favore di entrambi e nei fatti non si dà pensiero di affrontare in profondità quello che si era proposto; il dilemma kierkegaardiano della Scelta come negazione di una possibilità alternativa, viene superato in modo banale, all’insegna del “tutto va bene”, saltando vari passaggi dimostrativi. Il regista, con una sceneggiatura – che porta nientemeno che la firma di Michael Cunningham – di per sé abbastanza solida, con una discreta caratterizzazione dei personaggi, ci fa seguire i ricordi di Ann che dovrebbero prima o poi spiegare quel misterioso sbaglio di cui si parla dall’inizio del film; purtroppo il momento risolutivo non arriva e non si capisce nemmeno quale sia il problema che genera il conflitto interno a Ann, se la notte d’amore con Harris di per sé, oppure l’incidente di Buddy che da quella è indirettamente causato, oppure ancora l’aver rinunciato ai suoi sogni di cantante per essere più vicina alle figlie. In ogni caso, se si salta la fase della messa a fuoco e dell’analisi del problema, giungere a una generica auto-assoluzione è sin troppo facile.
Il film è poi appesantito da una serie di insopportabili scelte visive che riguardano in modo particolare – ma non solo – i momenti in cui presente e passato si fondono nella mente di Ann: si vuole rappresentare quel senso di superamento del tempo che prelude alla morte, ma il tentativo fallisce: la scena della farfalla luminosa che di notte entra nella camera della protagonista e che lei, moribonda, insegue con leggero passo di danza per tutta la casa, è quanto di più ridicolo il cinema internazionale abbia prodotto negli ultimi anni. Oltre a questo sono tanti i momenti purtroppo indimenticabili: dai dialoghi sul senso della vita oscillanti tra l’ovvio e il criptico, agli onirici tramonti in barca con vele e vestiti bianchi. Più in generale il film paga la leziosità dei movimenti di macchina e della fotografia, che nei suoi toni oleografici accentua il lato patetico del film, di per sé già consistente.
Perfino il supercast in fin dei conti delude: Redgrave sempre troppo svampita e Collette non riesce a reinterpretare in chiave personale lo stereotipo della ragazza nevrotica e impaurita. Discreti gli altri e ottime le apparizioni di Streep e Close.