TRAMA
Miami: il truffaldino gallerista d’arte Art si lascia convincere dalla bionda ex-pupa di un boss a sposarla. Ma finisce con l’innamorarsi di sua sorella e si inventa un gemello pittore.
RECENSIONI
Fresco di Oscar per Belle Epoque, il madrileno Fernando Trueba mette insieme un cast americano all-stars avvalendosi, anche, della notorietà internazionale del connazionale Antonio Banderas, in seguito legato intimamente nel privato con Melanie Griffith. Tenta di replicare certa commedia sentimentale e degli equivoci degli anni d’oro di Hollywood, ispirandosi per lo più (parole sue) a Billy Wilder: non a caso, fra i produttori, figura Paul Diamond, figlio dello sceneggiatore del grande regista. I meccanismi sono, infatti, un déjà-vu, ma non passano per appassionate citazioni, quanto per ripescaggio acritico in mancanza di inventiva personale, e tutta la galleria di gag giocata sull’ubiquità del protagonista che inventa un gemello (che fantasia…) ha un sapore artificioso: Trueba, ex-critico cinematografico, conosce le regole del gioco e sa far ridere ma, appunto, meccanicamente, fermandosi all’ingranaggio quando un Wilder, ad esempio, non perdeva mai occasione per fare pungente satira, senza fermarsi alla mera caricatura o situazione buffa. Il regista, cioè, è meno artista e più (buon) ragioniere della risata e perde colpi di fronte a sfide di messinscena evidentemente più grandi di lui: vedere, ad esempio, la classica boutade con l’andirivieni di Art fra un bagno e l’altro, in cui mancano sia la geometria spaziale sia la motivazione del suo affanno e il tutto si risolve in un trambusto ripetitivo, stesso rischio che corre tutta la commedia, infarcita com’è di convenzioni come il mafioso di Danny Aiello, il tema dello “scambio” di coppia fra oca/latin lover ed intellettuale/artista, il sottofondo freudiano con ammiccamenti mai approfonditi. La misura e sagacia, in siffatti congegni in bilico fra complessità e leggerezza sublime, la possiedono solo i maestri ma funzionano la gag che confonde Rambo con Rimbaud, quella del sommelier permaloso e la trovata della macchina da presa “timida” che, al primo gridolino di piacere sessuale, si sposta per riprendere alcune palme. Le prove attoriali, poi, sono ottime, in un range che va dalla menzione speciale a Joan Cusack alla, a volte, troppo calcata mimica di Banderas. Del romanzo di Donald Westlake alla fonte (filmato anche da Yves Robert con Le Jumeau del 1984), meglio non farsi solo quest’idea.
