Commedia, Recensione

TWO LEFT FEET

Titolo OriginaleTwo left feet
NazioneGran Bretagna
Anno Produzione1963
Genere
Durata93’

TRAMA

Un meccanico diciannovenne ed una cameriera, al primo appuntamento, entrano in un night-club e lei s’invaghisce di un ballerino più provetto di lui.

RECENSIONI

Roy Baker (anche sceneggiatore e produttore) ha scommesso molto sul romanzo "In my solitude" di David Stuart Leslie da cui il film è tratto: con il Free-cinema ed I Giovani Arrabbiati di Tony Richardson in pieno splendore, getta uno sguardo sui timori delle iniziazioni sessuali dei ragazzi, storditi dagli ammiccanti ed erotici cartelloni pubblicitari e dalla "nightlife" eccitata della Swinging London. Il protagonista, in un primo tempo impacciato e gradasso, acquista (sin troppo repentinamente) sicurezza ed intona un controcanto sarcastico di fronte alle coppie che scoppiano, ai riti coniugali, agli amori omosessuali insabbiati nelle proprie coscienze: come nei "Racconti morali" di Rohmer, è diviso fra l'eletta e la tentatrice (due interpreti sopraffine, che Baker dirige con piglio fresco, incantandosi sui loro sguardi), ma ha "due piedi sinistri", un modo di dire per chi "pesta i piedi", non sa ballare o stare al mondo. Nella scena finale, in clima di restaurazione, il padre poliziotto richiama il figlio all'ordine e gli intima di sorreggersi sulle proprie (ed entrambe) gambe: una chiusura "conservatrice" ("Cerca la donna giusta per sposarti") che rinfocola una stimolante matrice ambigua della pellicola, divisa fra "free life and cinema" e principi tradizionali, eretta anch'essa, non a caso, su due piedi sinistri. Il fare è scanzonato, canzonatorio (la foga sessuale di Michael Crawford, prima incitata e poi esasperata dalla cagnara nel vicolo; l'ammasso di coppiette sbaciucchianti nel salotto del party matrimoniale), provocatorio (la "mosca cieca" e il partner che cambia sesso) ed infine violento (la spedizione punitiva, dodici contro uno). Baker aveva già affrontato i sentimenti della gioventù, in chiave femminile, nel precedente Jacqueline, ma qui è evidente lo sforzo di dare vita ad un quadro più eccentrico e personale, che sappia restituire il clima di (quel) presente e sondare i traumi e le trame delle prime relazioni sessuali, costrette e poi deviate dalla coscienza collettiva, dalle regole sociali, dai sensi di colpa. Persa la scommessa con il pubblico pagante, il regista s'è dato per quattro anni alle serie televisive, prima di risorgere come regista di horror, con un nuovo nome (Roy Ward Baker). È curioso notare il debito con quest'opera di Jazzin' for Blue Jean di Julien Temple e David Bowie.