Comico

TROPIC THUNDER

TRAMA

Tre stelle di Hollywood sono i protagonisti di un kolossal sulla guerra del Vietnam, ma le riprese non vanno per il verso giusto. L’unica soluzione è portare il set in piena giungla e rendere l’avventura più credibile. Peccato che gli avvenimenti prendano una piega fin troppo reale…

RECENSIONI

Maladrino come sempre e rigonfio d’artificio, Ben Stiller (ri)prova a giocare col sistema, questa volta con uno dei gingilli più stelle e strisce che mai: il warmovie.
Nella rimasticazione del genere, caotico fermentare di citazioni e luoghi comuni, la vena parodica vuole imporsi serenamente, senza alcun presupposto teorico, perché Tropic Thunder, casomai volessimo osservarlo nella sua vera natura, si costruisce intorno al nulla.
Tutto è così epidermico, superficiale, l’elementare avvicendarsi di costanti “cinefile” in una basica addizione di livelli della finzione. Il set (A), irreale e di capriccioso divismo, dove si alterna il controcampo tra il dietro e il davanti la mdp, viene letteralmente mandato in fumo per sprofondare nel gioco “reale” della diegesi (B), in mano agli attori che, liberi da qualsivoglia controllo dall’alto (il regista-pseudo-martire-Gesu trova la sua croce dopo aver professato il verbo) iniziano la progressiva immedesimazione dentro i loro personaggi, per poi raggiungere una nuova completezza professionale ed umana (C, quindi A+B=C) [1]. Il tipico percorso di formazione si abbuffa dell’immaginario di genere e lo omaggia con una fin troppo ossessiva satira (non sempre funzionante), ma non si ferma qui, saltellando a monte dell’impero hollywoodiano nello sbeffeggiare gerarchie (il cammeo di Cruise che interpreta un tamarrissimo tycoon, molto Steve Austin, è una delle scelte più esilaranti), simboli di potere e politiche produttive [2]. L’intenzione però si infrange in una narrazione a corrente alterna, raramente acuta nello scimmiottare e isterica solo a tratti ( da un’apertura irresistibile nel suo superconcentrato filmografico [3] segue un progressivo afflosciamento del ritmo e delle trovate caricaturali). Insomma, Stiller si diletta a cincischiare con un po’ di “sano” metalinguismo, ma, mettetevi in testa che l’approccio è prettamente di facciata, non vi è alcuna intenzione critica-riflessiva.
Lo scopo è di menare a destra e a manca e, alla fine, cade nel ridicolo ogni ipotesi di comprensione intellettuale: “Sono uno che interpreta un altro che recita qualcun altro! Sei tu l’uno che non sa chi dei due è! ” (Lazarus) “O sei tu l’uno che non ha idea quale dei tre è, e afferma di essere quell’uno che interpreta gli altri due?” (Tagg) “Ma di che cacchio state parlando??? ” (Jeff).

[1] Tutte e tre le star rientrano in un etichetta predefinita. Tagg è il tipico superhero impomatato di finzione che non riesce a calarsi in una parte più complessa; Lazarus, il pluripremiato e plurimpegnato attore, (esplicito il rimando a Russel Crowe) si dissolve in maniera esasperata nel suo personaggio, rendendo la performance fin troppo inverosimile. Tra i due estremi si colloca il caratterista-eroinomane Jeff (un chiaro “omaggio” a Eddie Murphy), oggetto di stroncature per la sua flautolenza artistica. Tutti e tre attraverso l’esperienza reality raggiungeranno una maturazione, in particolare i due divi in competizione che impareranno ognuno qualcosa dall’altro, in uno scambio integrativo di prospettive (Lazarus si spoglia dalla maschera, mentre Tagg si perde dentro di essa – “Sono un illusione…”). 

[2] Sulla simbologia, piuttosto banale, è da sottolineare la sequenza di Jack Black che frantuma la montagna di eroina (subliminale rimando allo stemma della Paramount) e magicamente si libera dal vizio; sulle politiche produttive è spassoso il cocktail dei tre teaser, ognuno dei quali è inchiodato ad una Major: Scorcher VI, The Fatties Fart 2, The Satan’s Alley

[3] Nello sequenza viene ricreato e smontato un intero immaginario collettivo: la Mitologia di guerra sul grande schermo è oculatamente condensata (Platoon, La sottile Linea Rossa, Salvate il soldato Ryan, Apocalypse Now, We were soldiers etc…).