Commedia, Episodi

TRE PICCOLI OMICIDI

Titolo OriginaleTri istorii
NazioneRussia
Anno Produzione1997
Durata109’

TRAMA

Sala caldaie nº 6: confessa all’amico che vorrebbe vedere la vicina morta. Ofelia: un’infermiera uccide le madri che hanno abbandonato i propri figli. La morte e la fanciulla: nonno e nipotina non vanno tanto d’accordo.

RECENSIONI

Kira Muratova si muove sempre sul filo del grottesco, con sprazzi nell'assurdo/straniato/farsesco e personaggi caricaturali, sull'orlo della follia, di cui non mantiene sempre il controllo: fanno spesso capolino le cadute nell'eccesso sciocco e gratuito, nelle provocazioni autorali più esibizionistiche che di talento (la mano che disegna il capitello ionico, le lunghe riprese dell'arredamento nello studio degli amanti). Ma ricamare su di una tela burlesca lo squallore di un'umanità che risolve solo con la violenza i propri problemi (la convivenza nel primo episodio, la sindrome dell'abbandono nel secondo, l'ansia di libertà nel terzo), rende il quadro ancora più desolante ed inquietante, è una dicotomia perfettamente esemplificata nell'ultimo episodio, il migliore, dove il candore adorabile di una bambina (diretta benissimo) è pari alla sua diabolica spietatezza: le turbe mentali assalgono fin da piccoli e gli "omicidi" sono eseguiti con il più freddo ed irrecuperabile dei calcoli. La regista ama incantarsi di fronte alla natura selvaggia degli animali (la ripresa del gatto, con la voce contraffatta, che squarta ferocemente un pollo), pare trovarvi motivi d'identificazione con gli assassini, fa dire al personaggio di Renata Litbinova (anche sceneggiatrice) che l'odio per tutti gli esseri viventi fa salve solo le bestie. "Ofelia" è l'episodio più disomogeneo, pare ripetere gli eccessi di Passioni, una precedente opera della Muratova sempre con la bella e brava (i suoi orgasmi post-mortem!) Litbinova. Le figure umane sono vittime di psicosi allarmanti, parlano molto ma non comunicano fra di loro, si muovono fra la miseria materiale e spirituale, lungo strade popolate da gente che pare uscita dal manicomio, fra case diroccate ed ospedali di un bianco asettico fassbinderiano. Dedicato alla memoria del regista Sergej Gerasimov.