
Fuori concorso Agnès Varda e il suo Visages villages: Itinerario artistico-sentimentale, alla ricerca delle radici della Francia dei villaggi, l’esperimento si estende, diventa un trattato poetico a tutto tondo che rimbalza dal ritratto all’autoritratto, nel nome di una sperimentazione creativa aperta al possibile (la partnership con l’affichista e fotografo JR). Dietro un progetto che sembra tutto affidato all’improvvisazione, all’estemporaneità degli incontri, si intuisce una costruzione lucidissima in cui a imperare è l’immaginazione, il gusto e la voglia di condividerla. Una delizia.
The Meyerowitz Stories di Noah Baumbach è il film maturo di uno dei talenti più sottovalutati dei nostri anni. Ne diremo a suo tempo, dilungandoci.A Le Redoutable di Michel Hazanavicius (foto) segue dibattito: se lo si considera, sulla falsariga di The Artist, un esercizio mimetico su un certo cinema (quello godardiano in questo caso) risulta una bagattella divertente e divertita. Se lo si guarda dal punto di vista del soggetto (JLG) allora si possono rinvenire gli estremi della lesa maestà e la reazione può essere di irritazione e rifiuto. Questa seconda ipotesi rischia di far sopravvalutare un’operazione deliberatamente di superficie, che gioca con gli stilemi di un immenso maestro senza nessuna tentazione di profondità: se Hazanavicius è un imitatore, che si bea di far metacinema sul metacinema, il film suona come un virtuosismo fatuo che solo la stizza della critica che si sente punta nel vivo può condurre in un terreno differente.
A colpire però è Les îles di Yann Gonzalez, presentato nella sezione cortometraggi della Semaine de la critique.
_x000D_Un pugno di corti e un solo (bellissimo) lungometraggio (Les rencontres d’après minuit), ma quella di Gonzalez è un’opera matura e già riconoscibile le cui coordinate ritroviamo condensate in questo ultimo lavoro, meccanismo a scatole cinesi che parte da un’alcova (l’amplesso tra un ragazzo e una ragazza, con l’irruzione di una figura mostruosa, si tinge di horror per poi riaffogare nella sensualità), si muove altrove e infine torna allo stesso spazio primario, a quella stessa stanza e a quello stesso letto, al trio di personaggi iniziale, in un loop emozionale, in un gioco di slittamenti potenzialmente infinito.
_x000D_In questo labirinto, in cui è il desiderio a tracciare il percorso, ciascuna dimensione passionale si dimostra esposta a uno sguardo esterno – che può essere quello di un pubblico teatrale o di un voyeur occasionale -, diventa frutto di una visione che catapulta la fantasia erotica in un nuovo spazio rappresentativo, ancora scrutabile, sbirciabile, a disposizione di uno spettatore.
_x000D_Il regista non propone mai storie definite, piuttosto frammenti di racconti, personaggi in abbozzo appartenenti a immaginari (anche cinematografici) altri, che recano un carico di suggestioni che sottintendono passati e svolgimenti in atto, insinuano risvolti non svelati e lasciati all’intuizione di chi guarda, aneddotiche semplicemente alluse. Il titolo sembra riferirsi proprio a questo: le figure che si muovono in questo corto sono isole, piccoli pianeti distanti uno dall’altro, ciascuno a seguire la sua propria orbita e la sua propria narrazione, e che, per puro caso, vedono avvicinarsi per un attimo le traiettorie, accendendo la loro bramosia.
_x000D_L’opera di Yann Gonzales (già membro del gruppo di dreamy-music M83, di cui suo fratello è leader) vive anche del rapporto strettissimo con la dimensione musicale: l’estetica del videoclip (l’anarchia delle associazioni, i dettagli in evidenza, il ralenti atmosferico, le movenze coreografate, le geometrie della cornice scenografica) costituisce un evidente richiamo per l’autore. Questa patina pop avvolge un mondo di inusitata libertà espressiva, fuori dal tempo, che si organizza agli occhi dello spettatore in modo equivoco ed enigmatico, in cui la coscienza è protagonista e i confini tra il territorio della realtà e quello del sogno sono sfumati, come quelli tra violenza e dolcezza (l’orrenda bocca del mostro diventa tutta da baciare). In cui ogni spazio è scena: azione e teatro di parola (letteraria, declamatoria). Dichiaratamente artificiale, svelato, messo a nudo.
_x000D_In cui tutto si svolge di notte, a sottintendere che certe fantasie radicali vivono nella clandestinità, avvolte nella segretezza delle tenebre o nelle nebbie di un sogno trasgressivo, laddove a piena voce il mascolino e il femminino riescono a riconoscere la molteplicità delle proprie forme, la fluidità della loro libidine.