TRAMA
Un medico cornificato, uno scrittore in apnea creativa, un imprenditore in bancarotta e relative compagne: tutti i weekend si ritrovano in campagna.
RECENSIONI
Da appaiare affettuosamente al precedente È simpatico ma gli romperei il muso. Due ritratti corali con scampagnate, acute analisi psicologiche filtrate dallo spirito (umorismo) amaro e da una drammaturgia cortese, identiche tematiche: crisi di coppia, crisi di mezz’età, crisi del maschio che non mantiene un rapporto saldo con la compagna, solitudine dell’uomo tout-court. Michel Piccoli, inoltre, ri-veste i panni de L'Amante, tradito dalla moglie in quanto ennesimo cuore in inverno, privo di emozioni e slancio: un essere umano che esiste nell’apatia, ricca di dolore quanto immobile. Anche il personaggio di Yves Montand si specchia nel protagonista della pellicola citata: quando sogna un ritorno all’ovile con l’ex-moglie e rischia un incidente (l’infarto). Sautet raddoppia e moltiplica il suo esemplare maschile meschino, infantile, indeciso a confronto con la donna più assennata e salda che, una volta stufa, non torna più indietro. Il sapore di fiele invade il palato quando il cinismo ammanta anche il baluardo dell’amicizia: le presenze altrui si fanno fumose nel momento del bisogno e, comunque, nella sofferenza pochi sono in grado realmente di aiutarti. Il regista parte dispersivo e persegue una recitazione spontanea che non scava in direzione di un’analisi compiuta (e più veritiera) del sistema di maschere che ogni essere umano indossa, inevitabilmente, quando interagisce con il gruppo; gli attori recitano il “se stesso” del personaggio anche in compagnia, quando nella vita vera (ancor più amara) nessuno è a suo agio o completamente rilassato in gruppo. Presto, però, il cerchio si chiude, svela la sconfitta che si cela dietro ogni carattere, che cerca un riscatto nella “vittoria impossibile” dell’incontro di boxe finale. Geniale allegoria.
