TRAMA
Come ogni giorno due ragazzini di una favela di Rio scavano fra i detriti di una discarica locale e non possono immaginare che il portafoglio appena trovato cambierà le loro esistenze per sempre. Solo quando si presenta la polizia, disponibile addirittura a offrire una generosa ricompensa per la restituzione, i ragazzi, Rafael e Gardo, realizzano di avere in mano qualcosa di molto importante. Dopo aver coinvolto l’amico Rato, il trio affronta una straordinaria avventura per scappare dalla polizia e scoprire i segreti contenuti nel portafoglio.
RECENSIONI
Solo in apparenza Trash si presenta come un film anomalo nella filmografia di Stephen Daldry (in Brasile ragazzini delle favelas, coinvolti casualmente in un intrigo, si confrontano con un mondo adulto ostile) perché, sulla scorta delle conferme già ottenute da Molto forte, incredibilmente vicino (cui rimando per non ripetermi), abbiamo oramai compreso che il regista segue un percorso molto personale nel raccontare le sue storie (generalmente tratte da romanzi preesistenti - fa eccezione Billy Elliot, ispirato a una storia vera e il cui romanzo è tratto dal film -). Anche in queso caso, infatti, la logica del puzzle sembra prevalere: il film propone, nel corso della narrazione principale, brevi sequenze, dislocate variamente nel tempo e nello spazio, che, se da un lato consentono sempre allo spettatore di comprenderne la logica interna, non lo portano a collocarle immediatamente nel disegno generale. La globalità dell’intreccio infatti emerge molto lentamente nel corso dell’intera opera e consente allo spettatore di posare man mano le tessere nei punti giusti, ad ottenere, solo alla fine, il mosaico completo. È un modo di procedere che Daldry oramai rivendica come cifra (è appena il caso di ricordare che il romanzo da cui è tratto The Reader prevedeva una cronologia lineare e che il film, invece, la frantuma, in ossequio al suddetto metodo) e a cui piega la logica dell’opera, a prescindere dagli sceneggiatori con cui collabora (qui, per la prima volta, il solido Richard Curtis).
Trash è dunque un apologo che dice di una tragedia sociale partendo dal Caso e che, ancora una volta, dal dato generale perviene al particolare per poi tornare al generale; in cui, come in Molto forte... la realtà è un ricettacolo di segni da decifrare e dettagli da notare, frammenti che, uniti, restituiscono una figura intera pregna di senso, un enigma avventuroso che i piccoli protagonisti vanno a risolvere e in cui, prima o poi, tutti gli indizi verranno raccolti e utilizzati. Ed è, di conseguenza, l'ennesimo trionfo di montaggio alternato e parallelo: Daldry, a cui va sempre riconosciuto un gusto per l'immagine tutt'altro che trascurabile, procede infatti per giustapposizioni e salti temporali, le continue deviazioni del narrato seguendo diversi espedienti (la lettera a memoria, quasi una citazione di Billy Elliot). Il regista, in definitiva, dimostra, mai come stavolta, di essere preso molto più dal meccanismo (che in questo caso si fa forte di una trama gialla), che indulge spesso alla falsa pista (l'apparizione al cimitero della bambina, che gioca col registro fantasmatico per smentirlo all'istante; le confessioni in camera dei ragazzini, che sembrano una didascalia decontestualizzata e che si rivelano, al contrario, elemento organico alla narrazione), che dalla sostanza narrativa e dai suoi risvolti tematici. Di questi utilizza gli aspetti più eclatanti in una chiave allegorica che gli serve, ancora una volta, più per rimpolpare l'intelaiatura action del film che per elevarne la temperatura emotiva; così la discarica è scenario effettivo e simbolico, laddove spazzatura è anche questa infanzia reietta; ma è spazzatura anche il potere, il malaffare e, in una sintesi efficace - che chiude la storia e trae conclusioni morali - lo è il denaro.