Comico, Episodi

TOTÒ A COLORI

TRAMA

Totò è maestro e compositore di musica incompreso nel suo paesello campano (Caianello). Mentre il cognato lo vuol cacciar di casa perché non paga, conosce una donna che millanta di essere la segretaria dell’editore Tiscordi e di voler intercedere per un suo spartito.

RECENSIONI

Il primo film a colori italiano (in Ferrianacolor), è tratto da sketches di rivista scritti da Totò con Michele Galdieri: l’evidente assenza di sceneggiatura (gli stessi titoli di testa non riportano nominativi per la mansione: in realtà ci hanno lavorato Age, Scarpelli e Steno, non Mario Monicelli, come fonti errate riportano), è sempre stata un fattore secondario per la vis comica dell’attore napoletano. Steno appiccica (è proprio il caso di dirlo) quattro brani da varietà, lasciando, per nostra fortuna, tutto in mano alle esagitazioni (esasperanti, però, quando il “coro” è a più voci), alle mimiche, all’interloquire paradossale del genio incompreso (fuori e dentro il film): la perizia tecnica del regista è infatti disarmante, parla da sola una delle rare riprese in esterni, dove propina un inguardabile trenino giocattolo, al posto di un modellino in scala. Nel primo episodio, Totò fa la caricatura del compositore ispirato, suona uno strumento a forma di donna e porta avanti la dignità del commediante incompreso, mai con pietismo, perché i suoi personaggi sono esilaranti proprio in quanto indisponenti, maliziosi e (per gioco) tronfi. Il secondo sketch (dopo una parentesi d’equivoci dialettali con un lucano), è uno dei migliori nell’intera filmografia di Totò: si traveste da marinaretto col ciuffo laccato, ed è irresistibile quando tiene testa alla gente “bene” di Capri, viziata, annoiata, chic, decadente, effeminata. Ottima anche Franca Valeri che, al solito, ha in mano una cornetta del telefono. Ma tutto il quadro, grottesco e feroce, ha del sublime: sono da antologia anche lo sputo nell’occhio e il piano per il brano di Cab Calloway. Nell’episodio successivo, a Totò basta una cabina di treno per creare casino e risate: niente cinema, ma degna rappresentazione di se stesso. Nella parte finale, giunti da Tiscordi (leggi Ricordi), si parte dall’equivoco (è scambiato per un infermiere) per giungere al lieto fine, passando per un altro brano da ricordare: Totò marionetta collodiana (nel teatrino dei fratelli Greco). Il resto è ordinaria amministrazione, con un montaggio, di Mario Bonotti, terribile.