
TRAMA
RECENSIONI
Una città e i suoi sotterranei; la sicurezza di un rifugio e i pericoli del mondo esterno; il guscio materno e il bisogno di libertà. Spesso il cinema - così come l'esperienza della visione - è una semplice questione di sguardo e di punti di vista. Lo è sicuramente per Celine Held e Logan George, che fanno dello sguardo e del punto di vista il fulcro del racconto e della messa in scena del loro Topside. La coppia di registi decide in questo senso di focalizzarsi sul concetto di prospettiva a cominciare già dal set in cui è ambientata la storia, che fin dalle prime battute prova con decisione a raccontare la metropoli americana rovesciandola. Tra le rovine dei tunnel abbandonati della metropolitana di New York scopriamo infatti una comunità che si rifiuta di vivere all'interno di un sistema imposto: un'idea estremizzata - seppur basata in parte su racconti e storie vere - che restituisce immediatamente il concetto di rifiuto categorico di omologazione al senso comune di società. Un'idea che in questo caso è ben lontana dal fascino romantico e avventuriero di un allontanamento volontario come potrebbe essere quello del Chris McCandless di Into The Wild o dall'aura mistico-hipster che aleggia attorno alla famiglia di Captain Fantastic. Nella loro sofferenza e povertà intrinseche, le gallerie trasmettono costantemente una sensazione di disagio e inadeguatezza, sia allo spettatore che alla madre e alla figlia protagoniste del film, nonostante il loro farne parte. Una situazione precaria fin dalle premesse, che non può portare altro che ad una risalita in superficie e quindi ad una ricalibrazione dello sguardo. Per la giovane protagonista del film tutto è inedito, tutto è una scoperta; per sua madre, al contrario, ogni cosa rappresenta una minaccia e un pericolo da cui fuggire. L'abbandono di un rifugio estremamente limitante, ma forse proprio per questo limitato nelle insidie, costringe a ricalcolare tutto come un navigatore satellitare quando si imbocca una via per errore. La scoperta e la meraviglia si dimostrano ovviamente più semplici da accettare e da assimilare rispetto ai preconcetti e alla paura. E per stravolgere il proprio modo di vedere le cose a volte non basta semplicemente cambiare scenario, ma può diventare quasi cruciale scontrarsi violentemente con una realtà completamente diversa. Altre volte è necessario semplicemente arrendersi. Uno stato di incertezza che finisce per investire anche lo spettatore, costretto nelle battute finali a doversi mettere in discussione sul piano emotivo in maniera quasi inaspettata. Un'ennesima questione di sguardo e di punti di vista.
