Commedia

THOMAS IN LOVE

Titolo OriginaleThomas est amoureux
NazioneBrasile/ Francia
Anno Produzione2000
Genere
Durata97'
Sceneggiatura
Montaggio
Scenografia

TRAMA

Thomas e’ agorafobico. Non esce di casa da otto anni. L’unico legame con l’esterno e’ il suo computer collegato con una videocamera.

RECENSIONI

In Thomas in love il nostro guardare coincide con quello del protagonista, vittima di una fobia che gli impedisce di uscire all'aperto: il film che vediamo riporta le immagini della sua finestra sul mondo, il video di un computer. Egli interpella i suoi interlocutori solo per via telematica e, se da un lato sembra dominare perfettamente le situazioni che gli si propongono, dall'altro subisce, orwellianamente, le ingerenze di un sovraordinante sistema terapeutico, intransigente ed ottuso. Thomas da' l'impressione di aver trovato una sua alienata dimensione, a suo modo appagante, fino a quando non incontra un'espressione di emotivita' autentica: il pianto genuino della prostituta apre il suo cuore, lo costringe a fare i conti con una sentimentalita' inibita che rivendica attenzione, con la necessita' di relazioni non piu' mediate dalla tecnologia. Il suo mondo artificiale comincia a mostrare delle crepe, il bisogno di un contatto umano, effettivo e tangibile, per quanto imperfetto, per quanto doloroso, diventa difficile da ignorare.
Facile metafora di una condizione, quella del computerdipendente, di disamore per la realta', la malattia di Thomas e' probabilmente la suprema scusa per nascondersi, per sottrarsi a un mondo esterno che non si ha la forza di affrontare: la distanza telematica sfonda le barriere della reticenza, consente di rompere gli indugi, non pone problemi di approccio, tutto avvenendo in maniera veloce, senza preliminari, avendo sempre, in ultima analisi, la possibilita' di disconnettersi, abbandonare il referente di turno, trovarsene un altro all'istante.
L'idea (non nuovissima) e' carina e il film ha qualche spunto felice, ma sono istanti che si perdono in un mare di noia, di situazioni sfruttate ad nauseam, con un intento drammatico di esito infausto. Il regista mescola registri visivi differenti (non mancano parti di animazione digitale anche divertenti) ma si affida a una visione futuristica casareccia (gli interni sono ovviamente coloratissimi, alle pareti ci sono opere di videoarte, il design e' banalmente rivisitante, il sesso cyber si fa con delle scontatissime tute munite di sensori), cerca in tutti i modi di variare le soluzioni ma non solleva l'operina dall'alveo della fatua curiosita', schematica e un po' semplicistica, afflitta dal morbo della monotonia quando non del tedio puro. A volte bisognerebbe avere il coraggio di scegliere la strada del corto.

E' carina e virtuosistica l'idea della soggettiva on-line, attraverso lunghi piani sequenza digitali dello schermo del computer, di un personaggio agorafobico, in grado di comunicare con il mondo esterno, quello vero, solo indirettamente, attraverso la protezione e il filtro di un video.
Ricorda altri esperimenti, tipo il divertente e più riuscito "Hallo Denise", in cui i protagonisti comunicavano solo per telefono senza incontrarsi mai. 
La riflessione sull'evoluzione dei tempi risulta ironica, con trovate geniali e non troppo lontane dalla realtà. Mette un po' a disagio constatare l'incapacità di comunicare con una presenza che non sia soltanto un'immagine, ma una persona, con la sua fisicità, gli odori, le secrezioni. Il film risulta quindi interessante a livello sociale, ma dimostra anche la potenza di un'idea e il cammino tecnologico che il cinema sta facendo, con una produzione fino a qualche anno fa impensabile. Dopo un po', comunque, la staticità dell'azione si fa sentire.