TRAMA
Ivo e Maja, coppia di mezza età nella periferia di Zagabria, assistono impotenti alla morte del figlio Tomica, vittima di un’aggressione da parte di n compagno di sucola.
RECENSIONI
Compatta nella durata e nello sguardo, l'opera di Svilicic è un fulminante ritratto in grigio di orrore quotidiano. Ivo e Maja, medi per ceto, per desideri, per quieta esistenza, sono vittime del dolore più grande che un genitore possa concepire, quello della perdita del figlio, e successivamente di tutta una serie di grandi e piccoli soprusi: la burocrazia sanitaria, la beffa delle forze dell'ordine inermi di fronte alle prove concrete (la ripresa dell'aggressione con un telefonino), la frustrazione di conoscere l'identità dell'assassino del ragazzo. La materia drammatica è gestita dal regista con toni asciuttissimi: la narrazione si muove dal ritratto di famiglia in un interno al kafkiano, ghignante labirinto di incontri con medici e autorità, fino allo sviluppo, sempre in sottrazione, della sete di vendetta, in un registro mirabilmente in bilico tra grottesco e dramma, che restituisce tutta l'assurdità di un vuoto (emotivo, giudiziario, istituzionale) di cui i due protagonisti sono spettatori impotenti. Uno sguardo crudo e ironico al contempo, privo di retorica, che si affida a due ottimi attori (Emir Hadzihafizbegovic, interprete di Ivo, ha vinto con questa performance il premio per il miglior attore della sezione Orizzonti) e alle loro sfumature per raccontare una storia di violenza ordinaria e di umana disperazione.
