
TRAMA
Mina, coi suoi segreti, si perde in una misteriosa foresta irlandese. Qui incontra altri a cui è successa la stessa cosa. E ora devono vedersela con una terribile minaccia.
RECENSIONI
E venne il giorno (papà Shyamalan 2008) che Ishana si mise a fare film.
Che succede se metti assieme il folk-horror di Lamb (Valdimar Jóhannsson 2021) con L’invasione degli ultracorpi (Don Siegel 1956), e poi ci aggiungi un pizzico di From (serie tv Lost-oriented), The Others (Alejandro Amenábar 2001) e il Doppelgänger malvagio (?) à la Noi (Jordan Peele 2019)? E se, mentre fai questo, ti ricordi che sei la figlia di M. Night Shyamalan, e che da bambina (questa è una pura illazione) ti sono rimasti particolarmente impressi alcuni lavori di papà, prima The Village (papà Shyamalan 2004) e poi Lady in the Water (papà Shyamalan 2006), e da un po’ più grandicella non hai sdegnato nemmeno Split (papà Shyamalan 2016)? Succede che esce fuori The Watchers, opera prima di una figlia d’arte, con tutti i pregi e i difetti del caso.
Ishana Night Shyamalan sembra infatti voler amorevolmente seguire le orme del padre, a partire da un adattamento (il romanzo di A. M. Shine), che già nel suo mettere assieme il fantasy con il trauma in stile Il sesto senso (papà Shyamalan 1999) o Ad occhi aperti (papà Shyamalan 1998), non può che rievocare la poetica espressa dall’opera shyamalaniana tout court. Il risultato è un film gradevole, amorevolmente e forse involontariamente citazionistico (dal tema agli stilemi, ivi compreso l’immancabile colpo di scena finale), ancora un po’ scolastico. Perché a voler ben guardare, l’attenzione ossessiva della regista per il dettaglio e per una certa coerenza interna, che deve culminare in una sorta di perfetta circolarità (a partire da Mina, giovane protagonista, e il parrocchetto giallo sua metonimia), costituisce un invito così plastico da spingere a infierire proprio laddove il dispositivo invece scricchiola un po’ (e purtroppo succede che scricchioli forse non spesso, ma volentieri). Ambientato fra una misteriosa “casa” e un verdeggiante bosco (un po’ come Bussano alla porta, papà Shyamalan 2023), The Watchers mette in scena l’interpolazione fra il film di mostri e l’home invasion. “Intrappolati” i protagonisti devono esibirsi di fronte a una sorta di invisibile specchio di vetro (sentiamo odore di Glass, papà Shyamalan 2019), per compiacere le ferine creature del bosco, che si manifestano nottetempo. Intanto, come vuole il cliché, imparano (o dovrebbero farlo) a fare i conti con i propri rimossi, e questo è più o meno quanto.
E dunque, non è che Ishana sia brava ma non si applichi. Si è applicata, chiaramente, e apprezziamo l’impegno, ma forse si ravvisa ancora una certa acerbità, ad esempio in una serie di fucili di Cechov innescati e che mai sparano, così come nel costruire un mistero generale la cui soluzione però, proprio a volerla dire tutta, era un po’ trasparente fin dall’inizio. Diciamo pure che quando leggi, subito dopo lo stucchevole e conciliante finale, “Produced by M. Night Shyamalan”, certe domande trovano immediata risposta, capisci che Ishana è un po’ predestinata (sì, come Unbreakable, papà Shyamalan 2000) e va anche bene così. The Watchers resta comunque un buon film, senza infamia e senza lode, da inserire a pieno titolo nel non nutritissimo elenco di fiabe dark degne almeno di essere segnalate. L’amaro per un progetto immaturo, che molti altri più fecondi sviluppi narrativi avrebbe potuto esplorare, si fa sentire, ma è pur vero che la voglia traspare, e che la regia in alcuni momenti convince, come ad esempio nei surcadrage dei protagonisti visti dal vetro della casa. Non già eresia quanto piuttosto eredità, di un padre a cui non si può non voler bene (forse desideroso di iniziare a passare il testimone presagendo lo spettro di un invecchiamento troppo precoce, come, guarda caso, in Old, 2021), The Watchers merita un voto di incoraggiamento, ma certi che se questi sono i Signs (papà Shyamalan 2002) c’è da ben sperare per il prossimo giro. Provaci ancora Ishana!*
*Sì, nel divertissement non abbiamo inserito né L’ultimo dominatore dell’aria (papà Shyamalan 2010), né After Earth (papà Shyamalan 2013); a tutto c’è un limite.
