TRAMA
Un mattonificio in una località remota produce mattoni ancora in modo tradizionale. Famiglie di etnie diverse lavorano nella fabbrica e il capo sembra essere in grado di risolvere i loro problemi. Lotfollah, un quarantenne nato proprio nella fabbrica, è il sorvegliante, ma funge anche da tramite tra operai e padrone. Questi ha chiesto a Lotfollah di riunire gli operai davanti al suo ufficio perché vuole annunciare loro che la fabbrica chiuderà. A Lotfollah adesso importa solo di proteggere Sarvar, la donna di cui è da tempo innamorato.
RECENSIONI
Un luogo desertico e inospitale, un gruppo di famiglie che vive in un villaggio edificato attorno a un mattonificio che sta per chiudere, il proprietario dell’impianto dalle cui decisioni - non solo lavorative - dipendono i destini di tutti: la fine dell’attività della fabbrica sancirà anche la disgregazione della comunità, l’estinzione di alcuni legami e una ridefinizione di assetti esistenziali che, al netto dei sentimenti in ballo, si giocherà su un piano di pura convenienza sociale.
Pianisequenza solenni, lenti movimenti di macchina, un bianco e nero corposo e contrastatissimo: The Wasteland è un film che si fonda in primis sul suo superbo impianto visivo. Bahrami gestisce con sapienza spazio e fuori campo e sfodera una superba messa in scena, fondata su sipari quasi teatrali, con enfatiche entrate e uscite dal quadro - sottolineate dall’atmosferico soundtrack -, e moltiplicazione dei punti di vista sugli stessi eventi. Ma la precisione della struttura circolare e la perfezione formale non bastano a galvanizzare la trama elementare delle relazioni, degli intrighi sotterranei e dei conflitti etnici in gioco cui fanno eco lo sfruttamento e i ricatti padronali. Né basta l’apoteosi del finale che, con sintesi felice, chiude la questione nella sostanza e nella forma (il sorvegliante Lotfollah - vero tramite tra padrone e operai - preferisce rinchiudersi in uno dei forni, occludendosi la vista del mondo esterno e virando gradualmente al nero, mattone dopo mattone, lo schermo).
Un film ammirevole per la coscienza e la puntualità del suo linguaggio, ma che in questa consapevolezza sembra esaurire il suo discorso.
Miglior film della sezione Orizzonti, Venezia 2020.