THE UGLY SWANS

Anno Produzione2006

TRAMA

Lo scrittore Victor Banev, ottenuto dalle autorità un permesso speciale, torna in quella città il cui volto nel frattempo è completamente cambiato: strani fenomeni, tra cui un’alluvione inarrestabile, sono comparsi dopo l’arrivo degli Aquatters, misteriosi esseri che per alcuni costituiscono una minaccia, per altri una speranza. La loro origine è materia di discussione per scienziati e militari, ma che essi siano del tutto estranei al nostro mondo o semplici mutanti, i poteri mentali di cui sono provvisti li rendono irrimediabilmente diversi. Victor vorrebbe incontrarli, sapendo che il suo governo si appresta a spazzarli via, anche perché sua figlia fa parte dei ragazzini accolti dagli Aquatters in una scuola particolare, da loro istituita per trasmettere alle nuove generazioni conoscenze e punti di vista inediti per il genere umano.

RECENSIONI

Paura del diverso

Stile d’altri tempi. The Ugly Swans (Gadkie Lebedi) segna il ritorno di un maestro del cinema russo non molto prolifico e da noi ancora poco conosciuto, quel Kostantin Lopushansky che già nel 1986 si fece apprezzare oltre i confini della vecchia Unione Sovietica con l’apocalittico Pisma myortvogo cheloveka (Letters from a Dead Man). Non a caso Lopushansky, considerato un allievo di Tarkovskij, si ripresenta a distanza di cinque anni dall’ultima regia con un film ispirato al romanzo omonimo dei fratelli Arkadi e Boris Strugatsky, ovvero gli stessi di Stalker, rispetto al quale si avverte qui una certa contiguità formale e tematica. Più in generale The Ugly Swans sembra riproporre le fascinazioni e il tono riflessivo della fantascienza a carattere filosofico degli anni ’70, quella che in Europa Orientale finì per ibridarsi con la complessa poetica di uno dei più grandi autori cinematografici del recente passato, per l’appunto Andrej Tarkovskij. Per quanto riguarda i contatti del regista con la letteratura di genere il riferimento non può limitarsi a Stalker, ma va ovviamente allargato a Solaris, opera del polacco Stanislaw Lem. Sebbene Lem ambienti parte del suo capolavoro in orbita, mentre gli Strugatsky tanto in Stalker che in The Ugly Swans hanno scelto di collocare il loro mistero nella Terra dell’immediato futuro, vi è in tutte queste opere la tensione comune verso un percorso conoscitivo articolato e sofferto, aperto verso nuove dimensioni dell’esistenza, ed ostacolato al contempo dall’autoritarismo latente di una società umana non preparata al cambiamento. O perlomeno questi sono gli elementi dei rispettivi romanzi su cui autori come Tarkovskij e Lopushansky, con le differenze del caso, hanno puntato maggiormente, sviluppando poi implicazioni più profonde.
Quanto detto finora dovrebbe suggerire l’eccezionalità di una pellicola come The Ugly Swans nel panorama cinematografico attuale: le dilatazioni temporali, lo studio attento delle inquadrature, il prolungarsi di carrellate ipnotiche lungo paesaggi post-industriali o cosparsi di altri segni perturbanti, il carattere artigianale e fondamentalmente naif delle scene in cui si rivela il fantastico, la fotografia pronta a virare verso cromatismi che di volta in volta sottraggono o fanno acquistare calore alla messinscena, sono tutti fattori indicativi di un linguaggio filmico che oggigiorno sono in pochi a poter padroneggiare. Nonostante una prolissità difficilmente contestabile, il lungometraggio di Lopushansky ha tutte le carte in regola per affascinare lo sguardo e sedurre le menti attraverso una detection particolarmente enigmatica, sfuggente, che dà quasi l’impressione di girare a vuoto allorchè il protagonista Victor Banev si scontra col mistero rappresentato dagli Aquatters. Nella città invasa dalle acque non sono soltanto loro a creare apprensione: la figlia di Victor è tra quei ragazzi che vengono educati proprio dai mutanti, secondo una saggezza e una capacità di instaurare relazioni empatiche ancora sconosciute alla razza umana, per cui la compattezza e la disinvoltura dell’intero gruppo nell’affrontare un dibattito filosofico con lo stesso Victor, scrittore invitato a visitare il loro istituto, desta subito grande impressione. Un po’ come se quel nucleo altrettanto solidale di ragazzini biondi dai poteri non umani, descritto in modo agghiacciante ne Il villaggio dei dannati, fosse stato riesumato ma con finalità e propensioni del tutto opposte: non distruggere, in questo caso, ma istruire e rinnovare il genere umano. Se Victor almeno si sforza di comprendere tutto questo, dalla posizione subalterna di alfiere del vecchio mondo in rovina, le gerarchie politiche e militari progettano invece, nella loro ottusità, di venire a capo del problema bombardando la zona. Annientare la diversità che spaventa, la vita non riconosciuta come tale, un po’ come in Solaris (i conti tornano) o ne Il pianeta del silenzio, altro fondamentale romanzo di Stanislaw Lem. L’impressione rimane quindi quella di un Lopushansky postosi, sia a livello formale che contenutistico, sulla scia della preziosa eredità di Tarkovskij, il suo maestro? In parte è così, ma The Ugly Swans risulta ancorato al passato meno di quanto si pensi. Il plot aspira sì all’universalità, ma in filigrana è possibile rintracciare sottotesti più attuali e circostanziati, fondamentalmente critici, pessimisti, nel legare l’autoritarismo della classe governativa rappresentata nel film, nonché l’omologazione diffusa e l’ostilità verso ogni forma di dissidenza, al desolante quadro politico-sociale della Russia di oggi.

                                  Stefano Coccia