TRAMA
Maine, 1994: Kate accetta di fare da tutrice a due bambini orfani in un maniero. La governante è ostile come il piccolo e dispettoso Miles. Kate sente voci, vede fantasmi, si spaventa ma ha promesso alla piccola Flora di rimanere.
RECENSIONI
Girato in Irlanda nel 2018 ma distribuito solo nel 2020, in alcuni paesi successivamente al The Haunting of Bly Manor di Mike Flanagan con stessa fonte letteraria (Il Giro di Vite di Henry James), il secondo lungometraggio della canadese (di origini abruzzesi) Floria Sigismondi incanta per la location, Killruddery House nella Contea di Wicklow, dispensatrice delle sensazioni orrifiche e labirintiche ricercate dalla regista in sinergia con l’arredo degli interni e vari siti sinistri. L’altro segno distintivo è lo stile di un’autrice dal rinomato percorso artistico, fra installazioni e promo musicali, spesso abitato da schegge allucinate e figure disturbate o, come qui, affidato ad una luminosità apparentemente senza filtri, giocata sulla tenuità di tinte da accentuare a piacere (le Barbie decapitate nella fontana rosso sangue come il vestito della tutrice). L’adattamento del romanzo di Chad e Carey Hayes non eguaglia l’eleganza di Suspense di Jack Clayton o l’inventiva apocrifa di Flanagan, ma è interessante nella collocazione temporale (il giorno della morte di Kurt Cobain) e per una lettura che rimarca la soggettiva folle (la cinepresa entra nella pupilla), per quanto espressa in modo più semplicistico delle implicazioni che acquisisce con flashback rifondatore e colpo di scena finali (sovrapponendo madre e figlia), naif come la sovrabbondanza d’incubi svelati al risveglio. Proprio in assenza di un testo navigato, però, risalta il talento perturbante di Sigismondi, che agli effetti speciali preferisce il suggerito, il rumore, l’ombra, l’associazione figurativa, l’architettura della e nell’inquadratura, il montaggio (magistrale quello che restituisce come assassini della governante sia il fantasma sia Kate).
