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TRAMA
Dopo l’omicidio della moglie, un trombettista Jazz va alla deriva abbandonandosi all’abbrutimento e alla droga. In realtà (?) sta meditando una “macchinosa” vendetta…
RECENSIONI
Dopo un incipit à la Pianista sull’oceano, il film prosegue con un excursus divagante à la Fight Club per poi lanciarsi, à la Trainspotting, nel tratteggio dello “stupefacente” mondo della droga totale e dei drogati persi. Quindi si popola di personaggi bizzarri e di vicende ultragrottesche spruzzate di cinico humour, il tutto molto à la Tarantino (anzi, più à la Guy Ritchie che gira à la Tarantino), e si concede vezzi stilistici molto trendy e un po’, di nuovo, à la David Fincher; qua e là spunta qualche eco à la Memento e alcuni doppi-tripli giochi sanno di “scatola cinese” à la David Mamet (con rispetto parlando). Dopo uno scontato finale à la più classico dei revenge-movie, e dopo qualche pretenzioso discorsetto di troppo sull’ “Identità” (à la Pirandello?), di Salton Sea scorrono i titoli di coda... à la faccia dell’originalità, l’esordiente D.J. Caruso scimmiotta molti degli stil(em)i citati senza soluzione di continuità e senza mai decidersi sulla strada da imboccare: crime story? dramma? pulp? thriller? non c’è dato sapere. Fatto sta che è forse proprio questa “indeterminazione citazionista” a fare di Salton Sea il passabile filmetto che è, a renderlo un oggetto curioso di difficile catalogazione e a far dire a fine proiezione, tra un bah! e un accenno di sbadiglio: “però, tutto sommato...”. La regia “apolide” di ‘sto Caruso non è disprezzabile e il Nostro azzecca pure qualche sequenza visivamente (e “comicamente”) degna di nota, dirige gli attori meglio che può, e non è che abbia tra le mani un cast esattamente “stellare” (quel Val Kilmer non ne ha mai voluto sapere di recitare mentre il riesumato D’Onofrio nella parte del cattivone “snasato” Pooh Bear se la cava onofriosamente) e riesce a portare dignitosamente in porto uno script perennemente sull’orlo della disintegrazione irreversibile che, ripensandoci meglio, non sta(rebbe) in piedi manco a impalarlo. Attendiamo D.J., con più curiosità che fiducia, al varco dell’opera II.
Ideale per chi: si ritrova a zonzo in una città che non è la sua e deve ingannare le due orette che lo separano dalla cena.