TRAMA
Samara non ha pace.
RECENSIONI
Non c’è pace per la giapponese Sadako e il suo alterego americano Samara. Nata dalla penna di Koji Suzuki nel 1991 ha poi invaso il pianeta in ogni forma possibile, dal manga alla serie tv, ma a darle il successo è stato più di tutti il cinema. Tra prequel, sequel, remake e spin-off di paesi differenti è complicatissimo ricostruire la sua storia cinematografica. In principio fu il poco apprezzato film tv giapponese Ring: Kanzenban di Chisui Takigawa del 1995, ma il più visto della lunga serie è di sicuro l’americano The Ring di Gore Verbinski del 2002, determinante per l’affermazione di Naomi Watts come star. Dopo un brutto seguito del 2005, la povera ragazza con un debole per le videocassette, complice l’avvento del digitale e la chiusura di Blockbuster, sembrava destinata a restare un’icona di inizio millennio. Invece è tornata. Prima in patria, contaminandosi al rinato e rimorto 3D con Sadako 3D (2012) e Sadako 3D 2 (2013), poi in America, dove l’industria, in evidente stato di affanno, raschia ulteriormente il fondo del barile. La Paramount Pictures limita gli eventuali danni il più possibile: dimezza il budget rispetto ai due capitoli precedenti, affida la regia allo spagnolo Francisco Javier Gutiérrez, in predicato per il reboot poi non realizzato di un’altra saga che si pensava defunta (Il corvo), e per non perdere i conoscitori del franchise e conquistare nuovi spettatori costruisce una sorta di reboot travestito da sequel che in fondo è un remake. In pratica ripercorre il noto partendo da zero, rispiegando tutto e aggiungendo dettagli. Dopo un incipit in aereo, sopra le righe e grossolano ma a suo modo divertente, la sceneggiatura riesce ad agganciarsi al presente grazie a un mercatino dell’usato in cui un professore curioso trova un videoregistratore con all’interno il nastro maledetto. L’idea, semplice ma potente, è sempre la stessa. Chi vede il video riceve una telefonata che gli annuncia che dopo sette giorni morirà, cosa che puntualmente avviene.
L'aggiornamento ai tempi è nella possibilità di scaricare il vhs sul pc e di sfuggire al maleficio copiandolo e passandolo, sulla scia di It Follows, a un altro malcapitato. Chiarite le premesse, il lato umano viene impostato scomodando addirittura il mito di Orfeo ed Euridice a ruoli inversi (sarà lei a dover recuperare lui dal regno dei predestinati alla morte), ma è solo uno spunto come un altro per dare il La alla vicenda, infatti nessuna vera tragedia si profila all'orizzonte per i due protagonisti. Va un po' peggio per lo spettatore. Il trasferimento della protagonista nel college dove studia il fidanzato e la relativa detection si sviluppano infatti senza picchi e mordente, ma è nella lunghissima ricerca del passato di Samara al paesello di origine che il film si affossa definitivamente. Si perde infatti per strada l'incalzare della maledizione, con relativo rigido countdown, e la sceneggiatura si preoccupa soprattutto di dare senso alla successione degli eventi. Per farlo inanella ogni minuto indizi e visioni che rimandano ad altri indizi e visioni che portano a loro volta ad altri indizi e visioni. Il tutto inframmezzato da repentini aumenti del sonoro per provocare il classico 'buh!. Ma si tratta di stratagemmi ormai usurati, ampiamente prevedibili e soprattutto vuoti di senso, perché buttati lì senza alcuno spessore narrativo. Basta pensare alla solita vecchia che sapeva troppo piazzata ad hoc proprio per spiattellare al primo arrivato segreti sepolti nella memoria e mai rivelati. Più efficace (non ho detto originale!) il colpo di scena finale, ma arriva fuori tempo limite per scuotere dal torpore. Poco interessanti anche i due protagonisti, lei, la solare Matilda Luz (già al centro del triangolo affettivo di L'estate addosso di Gabriele Muccino), troppo sicura di sé per consentire la benché minima empatia, lui, l'incolore Alex Roe, troppo privo di valore aggiunto per avere così tante battute. Per chi vuole comunque, e i teenager stanno accorrendo confermando la riuscita commerciale dell'operazione, il discount dei brividi è servito.
