THE PAVILION SALAMANDRE

Anno Produzione2006

TRAMA

Nel 1867, durante il periodo Edo, lo Shogun invia la salamandra Kinjiro a Parigi per esibirla all’Esposizione Universale. Più di un secolo dopo l’animale è ancora vivo ed è diventato un tesoro nazionale custodito dalla famiglia Ninomiya, responsabile di una fondazione per la tutela della salamandra. Lo scienziato Tobishima viene però incaricato di effettuare esperimenti sulla salamandra centenaria, perché si sospetta che nel frattempo sia stata sostituita da un esemplare più giovane; ma Azuki, una delle sorelle Ninomiya, ha ricevuto dal padre l’ordine di condurre l’animale in un posto sicuro. Il destino farà incontrare i due durante le celebrazioni per il 150° compleanno di Kinjiro.

RECENSIONI

Pasticcio al sushi

Il problema dell'opera prima del giovane Tominaga Masanori (classe 1975) è che si configura come una parodia il cui obiettivo resta ignoto. Il punto di partenza è una salamandra secolare, divenuta patrimonio nazionale, intorno a cui ruotano interessi personali e commerciali di una girandola di personaggi sull'orlo di una crisi di nervi. Lo sberleffo prova a stritolare tutto e tutti: la società, la televisione, i generi cinematografici, i rapporti familiari, usi e consuetudini della tradizione. Ma il meccanismo finisce per girare a vuoto. Il registro grottesco si conferma infatti di difficile gestione, anche perché la sceneggiatura (dello stesso Masanori) ha poche idee e si limita a dilatare, senza un valido motivo, una vicenda priva di logica e incapace di trasmettere interesse. La cura formale è evidente, così come si apprezzano alcune idee, (l'utilizzo delle musiche a enfatizzare il girato con stacchi improvvisi ad effetto), ma non sono sufficienti per rendere sopportabile il balletto sopra le righe a cui si abbandonano i personaggi. L'assenza di equilibrio lo rende un ibrido che semplicemente non punge, tergiversa e annoia: troppo esagerato per garantire il coinvolgimento, troppo ancorato a una narrazione in fondo convenzionale per poter volare via e portare in un altrove armonico in linea con le velleità. Poco efficace anche la direzione degli attori, spaesati e dall'espressività vitrea anche nei frequenti eccessi, comunque non in grado di reggere la bizzarria richiesta dal regista. Nella seconda parte c'è pure una digressione in cui uno dei protagonisti diventa un eroe che combatte per i poveri a modello del bandito Salvatore Giuliano. Ecco, lo spettacolo offerto dall'allegoria nipponica, con i personaggi vestiti da improbabili siculi e sottofondo musicale chissà perché peruviano, dà la cifra del pastrocchio tutt'altro che sferzante cucinato, non senza ambizione, da Masanori.