TRAMA
In una lavanderia industriale, vicino a una stiratrice, accadono troppi incidenti, anche mortali. Un poliziotto indaga. Il padrone della fabbrica è un losco individuo paralizzato.
RECENSIONI
Il racconto breve (“Il compressore”, contenuto in “A volte ritornano” del 1978) di Stephen King, autore di cui aveva già tradotto Le Notti di Salem, permette a Hooper di imbastire una feroce parabola sul capitalismo vorace e disumano, ambientata in una fabbrica con pessime condizioni di sicurezza sul lavoro (protoindustriali: s’è parlato di horror dickensiano), diretta da un uomo dispotico, impietoso, venale e pervertito (le molestie sessuali…“d’ufficio”), teatro d’incidenti che vengono insabbiati con la corruzione. La macchina diventa protagonista, come oggetto demoniaco che asservisce il proprio padrone e richiede sacrifici umani in nome del Progresso (di chi?). Fuor di metafora, una traccia da piccolo gioiello d’autore, che fa sconfinare l’horror nel politico: purtroppo, alla fine vince l’industria mangia-anime, perché Hooper non rinuncia alle convenzioni di genere, complice lo stile di uno scrittore che affossa sempre i buoni spunti di partenza nella maniera. Fra l’imprescindibile gore (più visibile nell’edizione director’s cut con 30’’ in più) e pizzichi di Poltergeist (la scena della ghiacciaia), ecco allora patti col Diavolo, esorcismi, mostri, sette sataniche. Tutti ingredienti che, se ben giocati, potevano assurgere anch’essi ad allegoria, ma non è così: il problema non è sublimare tutto nelle convenzioni di genere, ma esaurire il genere nelle sue convenzioni. Se la qualità del racconto, procedendo, decresce, fino a un finale mal giocato (molto confuso e poco epico lo scontro con il mostro, ridicoli gli esorcismi), resta da godere la figuratività gotica (per un’atmosfera degna de Il Tunnel dell’Orrore), giocata su luci antinaturalistiche color fuoco/sangue, su scenografie inquietanti e su alcune magistrali angolazioni di ripresa (memorabile quella obliqua e dal basso, con Englund che gira intorno alla nipote neo-assunta). Non male anche la specularità fra il personaggio metà uomo-metà macchina del bravo Robert Englund (con deformazioni che richiamano L’Infernale Quinlan), e The mangler (manganatrice, ma significa anche “il dilaniatore”), creatura disegnata dal figlio del regista.
