TRAMA
Reduce da un trauma, Richard decide di rifarsi una vita con la sua nuova compagna Grace, anche lei col peso di un passato ingombrante. Organizza le vacanze di Natale in un isolato chalet di montagna, con i suoi due figli e con la fidanzata, anche per provare a costuire un rapporto tra la giovane donna e i ragazzi, non particolarmente aperti nei suoi confronti. La sua improvvisa partenza però precede un’escalation di tensioni, misteri e inquietudini.
RECENSIONI
Come in Goodnight Mommy (2015), anche in The Lodge, opera terza di Veronika Franz e Severin Fiala, l'orrore deflagra da un trauma intimo e contemporanemente famigliare, e il progressivo svelamento della discesa nella follia è parallelo all'incapacità dei personaggi di fare i conti con l'assenza e il ricordo ( della madre per il ragazzo e la bambina, del caposetta per Grace ). Il film può essere quindi tranquillamente inserito in quel filone contemporaneo di horror "adulti" – la terminologia "d'autore", da molti usata, rischia di essere fuorviante, come a voler snobilitare il genere – che affrontano ed esorcizzano il lato oscuro della famiglia e degli affetti, e che spesso hanno nel racconto di un trauma il loro cardine. Hereditary, esplicitamente ricordato dalla casa delle bambole, e Midsommer di Ari Folman sono i riferimenti più immediati, ma nel gruppetto possono essere inseriti, pur con tutte le differenze del caso e le peculiarità di ciascuno, anche The Witch di Robert Eggers, che colora di gotico la rappresentazione del fondamentalismo bigotto e riflette sulle origini culturali della nazione, It follows di David Robert Mitchell, più incentrato sul versante dei rapporti affettivi, e, almeno in parte, Noi di Jordan Peele, dove lo sconvolgimento famigliare scoperchia il vaso di Pandora di recriminazioni politiche e di traumi collettivi. Sono film che confermano quel legame che unisce i racconti dell’orrore alla tragedia, e la capacità dei primi di mettere in evidenza gli aspetti più profondi, conturbanti e oscuri della seconda.
Sono anche horror in cui in qualche modo il, per così dire, "realismo" delle tematiche e una certa materialità di fondo, filtrate dalla forza allegorica, si contrappongono alla visionarietà, all'andamento più rapsodico che lineare e alla più o meno evidente atmosfera soprannaturale. The Lodge può anzi essere esemplare da questo punto di vista; viviamo l'interiorità sempre più devastata della donna come in un crescendo di istantanee della sua follia, quello che pensavamo poter essere soprannaturale si rivela in tutta la sua concretezza tragica e spietata e la narrazione, nel suo complesso, si affida, tra ellissi e rapsodie, principalmente alla forza visiva e stilistica delle sequenze.
Con questo psichedelico e concreto horror psicologico, Veronika Franz e Severin Fiala confermano molte delle qualità mostrate nell'inquieto e cinico Goodnight mommy (2015); la forza e una certa bellezza malsana delle immagini certamente non mancano e se i due erano considerati promesse lucenti per il futuro del genere, tali sono rimasti. C'è allo stesso tempo un grande però. Se nel film precedente c'erano distacco mitteleuropeo e freddezza di sguardo da entomologi delle interiorità esplose, qui dominano artificiosità e leziosità. A suon di metafora, l'opera dà l'impressione di essere una sorta di "portfolio", di "biglietto da visita", con cui Fiala e la Franz mostrano i loro punti di forza e le loro qualità migliori perdendo di vista l'amalgama e l'impatto complessivo. Gli attimi efficaci e le sequenze meritevoli, presenti in particolare quando entriamo nella psiche di Grace e nel suo distacco dalla realtà, si perdono e svaniscono, soprattutto man mano che la visione si allontana, così come, passata la sensazione più immediata, svanisce l'inquietudine. Un risultato finale quindi, in fin dei conti, non molto differente dai numerosi horror più commerciali e meno pretenziosi che sfruttano trucchetti quali lo jump scare. Non è questione di essere fan della linearità narrativa, né tantomeno di quel malinteso senso della logica che spesso colpisce chi commenta l'horror; è, ripetiamo, la sensazione di artificiosità "arty" di fondo, che lascia pure il dubbio di essere un po' furbetta.
Insomma, The Lodge è un film artefatto che non lascia né dice molto, realizzato da due talentuos* autor* consapevoli di essere tali.