TRAMA
Corea, inizio del Sedicesimo Secolo. Jang-saeng e Gong-gil sono artisti di strada che si esibiscono in una compagnia specializzata in un repertorio scollacciato. Nei suoi numeri Gong-gil interpreta ruoli femminili e il capocompagnia approfitta del suo fascino efebico per venderne i servigi a nobili mecenati. Stanco dell’offensiva prostituzione cui è sottoposto Gong-gil, Jang-saeng si ribella, sottraendolo alle grinfie di un vecchio satiro. Durante la fuga, per salvare Jang-saeng Gong-gil uccide il capocompagnia. I due s’instradano quindi verso la capitale, Hanyang (nome di Seoul all’epoca). Qui si uniscono al terzetto di buffoni capeggiato da Yuk-gap. Udendo le voci poco lusinghiere sulla condotta di re Yon-san, Jang-saeng concepisce uno spettacolo salace che irride la relazione del sovrano con la disinibita concubina Nok-su. La satira viene scoperto dal ministro Cheo-seon che fa arrestare i giullari. L’unica chance di salvarsi da morte sicura è riuscire a far ridere il re in persona.
RECENSIONI
La serata inaugurale del Korea Film Fest si è aperta col film che, prima di essere superato da The Host di Bong Joon-ho (presentato con molto successo a Cannes e a Udine), aveva battuto tutti i record d’incasso del cinema coreano: King and The Clown. Pellicola d’intrattenimento pensante, il film di di Lee Joon-ik segnala ancora una volta le enormi differenze esistenti tra i film di successo hollywoodiani e quelli coreani: pur non deragliando mai nella confusione, la vicenda raccontata dal film di Lee Joon-ik è difatti piuttosto complessa e problematica. King and The Clown mette in scena l’amore tra due acrobati giullari (Jang-saeng e Gong-gil, interpretati rispettivamente da Kam Woo-seong e Lee Jun-gi) ostacolato dai capricci erotici del re Yeonsan (Jeong Jin-Yeong). Colpisce positivamente la caratterizzazione dei personaggi (assai sfaccettata e addirittura ambivalente), la varietà dei registri drammatici (si va dai toni scanzonati e picareschi dell’inizio a quelli tragici e sanguigni del finale, passando per le controllate modulazioni sentimentali e sensuali della vita di corte) e, soprattutto, il coraggio di imbastire l’intera vicenda su tensioni omoerotiche, come testimonia il titolo originale Wang-ui Namja, “L’uomo del Re” (il re s’invaghisce di Gong-gil soffiandolo a Jang-saeng, che soffre più o meno in silenzio). Il che per un paese strenuamente omofobo come la Corea è un merito non da poco. Numerose le sequenze di forte impatto spettacolare (tutti i numeri acrobatico-ginnici sono girati con indiscutibile abilità coreografica e le performance satiriche sono messe in scena con dinoccolata efficacia), con la sequenza della rappresentazione che smaschera shakespearianamente la congiura ai danni della madre del re su tutte per intensità drammaturgica e ripercussioni narrative. L’unico rammarico è che nella parte centrale del film il personaggio di Jang-saeng tenda a uscire di scena, lasciando la ribalta al re e a Gong-gil: avremmo desiderato vedere più a lungo sullo schermo Kam Woo-seong (già magnifico protagonista di The Spider Forest di Song Il-gon, visto nell’edizione passata del SKFF): le sue prestazioni giullaresche sono semplicemente irresistibili. Per quanto King and The Clown non appartenga a un genere di cinema per cui chi scrive possa esaltarsi, sarebbe assolutamente irragionevole non parlarne bene.
