TRAMA
Frank Perry è un ergastolano rassegnato a finire i suoi giorni in carcere fin quando non scopre che l’adorata figlia è gravemente ammalata. Poterla rivedere diventa il suo unico obiettivo.
RECENSIONI
The escapist ha due facce: da un lato sembra (ed è) un tradizionale film carcerario, dall'altro si rivela nel finale qualcosa di diverso e di più, scompaginando le certezze che si erano radicate nello spettatore, palesando un disegno ambizioso, insospettabile fino a quel momento. Lopera, sul piano del genere citato, funziona molto bene: è concreta, dura, ha personaggi molto ben definiti (per quanto nel piatto rispetto dei codici ricordiamoci, però, che questa scelta fa parte del gioco delle apparenze e rende dirompente la svolta -), ma contiene in sé i germi di quel che sarà l'agnizione finale (di cui andiamo a rendere conto, siete avvertiti): i flash-forward che scandiscono la narrazione e che sembrano raccontare la fuga, si riveleranno infatti falsi, immagini partorite dalla mente del protagonista agonizzante che prefiguravano uno scenario che alla fine viene smentito e che conferisce ai fatti (quelli veri), cui abbiamo assistito, un diverso significato. L'agnizione finale diviene anche chiave chiarificatrice del modulo espressivo usato nella narrazione delle vicende carcerarie: il tono secco, privo di didascalismi e sottolineature, che suona laconico e puramente descrittivo, è infatti volto a costruire una piattaforma solida sulla quale la svolta finale possa avere impatto adeguato. In definitiva: se per buona parte del film pensiamo che l'intento del regista sia quello di presentare un'asciutta esposizione della preparazione di un'evasione, confrontando ideazione (il presente) e futura realizzazione (la fuga in flash-forward), alla fine ci rendiamo conto che registro, costruzione delle situazioni e scrittura soggiacevano a tutt'altra logica: la presentazione di un percorso essenzialmente umano, interiore più che fisico. Se il regista qualche effettaccio se lo concede (il chiassoso sound design, francamente fuori tono) dall'altro si pregia di un Brian Cox straordinario (che produce) e di una squadra di attori che assecondano al meglio la performance del protagonista.
Niente di sconvolgente, molto mestiere (il regista, qui al debutto nel lungometraggio, dirigerà nel 2011 L'alba del pianeta delle scimmie), ma una sapiente gestione di tempi e tensione e la sagacia del progetto narrativo (che si ispira a An occorrence at owl creek bridge di Ambrose Bierce - nel film Frank ne ha in mano una copia -) meritano la segnalazione.
Il brano dei titoli iniziali è The Partisan di Leonard Cohen.
