TRAMA
John Merrick (1862-90), gravemente deforme, è sfruttato da un circo come fenomeno da baraccone; il dottor Frederick Treves lo scopre e tenta di curarlo, ricoverandolo in una stanza del London Hospital. Il suo diventa un caso di interesse nazionale.
RECENSIONI
The Elephant Man inizia con una dissolvenza in nero che si risolve in un'ondata di vertigine e claustrofobia: siamo in un circo. Qui abita l'uomo elefante: una forma diversa che guarda il mondo dalla sua gabbia/prigione, attraverso il buco della serratura. Il suo volto non è come il nostro, è sfigurato dalle protuberanze. Un volto che è il cinema di Lynch: prima di Blue Velvet e Lost Highways, le immagini del regista americano puntano dritto all'inconscio. Un risultato dovuto a una scelta semplice, ma basilare: la macchina da presa qui non è l'occhio della folla, né la prospettiva del medico, né il punto di vista degli 'amici' di Merrick. E' l'occhio del mostro: si nutre della sua stessa prospettiva, fino ad alterare e stravolgere anche l'elemento cromatico (il film è girato in bianco e nero). La storia è lineare, ma il seme onirico è pronto a germogliare, la logica sempre sul punto di disperdersi. Opera maledetta, inguardabile di Lynch, che usa il presunto sfondo sociale per resuscitare il mito di Frankenstein, poi stempera nel grottesco, infine affoga in un pianto disperato. Noi siamo gli uomini e rendiamo elefante chi si muove nello spettro della nostra percezione, chi non può omologarsi. Stavolta però lo sguardo viene restituito, è l'elefante che a sua volta ci scruta e forse ci giudica: il rovesciamento della prospettiva è il vero spiazzamento. Il Lynch del 1980 può sembrare un compromesso con l'industria hollywoodiana (la presenza di un giovane Hopkins): ma in realtà dialoga costantemente con il muto e Tod Browning, evoca il cinema 'dei mostri', ci fa guardare ed essere guardati da un freak. D'altronde il lancinante urlo finale di Merrick ci inchioda: 'Sono anche io un essere umano!'. E' vero, lui è umano e noi siamo gli elefanti: ognuno può essere l'elefante nell'occhio di chi guarda.