TRAMA
«Prima di girare The Exorcist, non avevo mai assistito a un esorcismo e non ne sapevo assolutamente nulla. Altrettanto all’oscuro era Bill Blatty che scrisse il romanzo e la sceneggiatura. Non c’era molta letteratura sull’argomento e ciò che si sapeva era palesemente inventato o irreale. La Chiesa cattolica è reticente a parlare di questi casi, e per buoni motivi. Quindi, a tutti gli effetti, The Exorcist è un’opera di fantasia. Circa 45 anni più tardi, attraverso quello che posso definire esclusivamente come l’intervento della Provvidenza, sono riuscito a conoscere Padre Gabriele Amorth, conosciuto come l’esorcista del Vaticano e il “decano” degli esorcisti. Per trentun anni è stato l’esorcista della diocesi di Roma. Avevo sentito parlare di lui molti anni prima ma trovavo difficile credere che avesse praticato migliaia di esorcismi. Come era possibile e perché questo fenomeno continua ad affascinare e atterrire milioni di persone in tutto il mondo, compresi coloro che non sono cattolici e nemmeno credenti? Quando ho scritto d’impulso a un amico teologo che vive a Roma chiedendogli se avrei potuto incontrare Padre Amorth, con mia grande sorpresa mi rispose nel giro di pochi giorni informandomi che il sacerdote mi avrebbe incontrato il 5 aprile (2016) alle nove in punto nella sua residenza di Roma. Parlammo per più di due ore prima che io gli chiedessi se avrebbe mai acconsentito a farmi assistere e filmare un esorcismo. Mi disse che aveva bisogno di pensarci per qualche giorno, poi mi inviò un messaggio informandomi che avrebbe praticato un esorcismo la domenica 1º maggio alle tre del pomeriggio, il giorno del suo novantunesimo compleanno, e che avrei non solo potuto assistere ma anche riprendere purché da solo, senza troupe e luci. Questo film è la testimonianza dell’esperienza vissuta quel giorno, unitamente alle opinioni di alcuni dei più illustri neurochirurghi e psichiatri degli Stati Uniti, ai quali avevo mostrato la pellicola. Non posso che definire questa esperienza sconvolgente, un viaggio esplorativo, la chiusura di un cerchio iniziato più di quarantacinque anni fa».
William Friedkin
RECENSIONI
«Sono cose che non succedono più […] da quando sono state scoperte le malattie mentali, la schizofrenia, e tutto il resto che ho studiato ad Harvard...». Così si esprimeva padre Karras di fronte a una spaventata Chris MacNeil, sempre più convinta che la figlia Regan fosse posseduta dal demonio. Succedeva all'inizio diL’esorcista, tra i film preferiti, stando a quanto raccontato da William Friedkin, di padre Amorth, icona delle certezze fideistiche, nemesi del maligno, fustigatore dei “messaggeri del demonio”, anche di quelli che serpeggiano nell’immaginario pop e che reclamizzano il diabolico (non risparmiò strali contro la musica rock, Harry Potter…). The Devil and Father Amorth è, come suggerisce il titolo, un confronto tra il decano degli esorcisti e Satana che, per esclusione, altri non è che colui che siede difronte al presbitero e impugna la videocamera, ovvero lo stesso Friedkin che qui si diverte a minare la credibilità circa la presunta oggettività.
Che Friedkin ami confondere le certezze riguardo lo statuto delle immagini appare chiaro anche dalle dichiarazioni fatte in occasione della sua partecipazione al Lucca Film Festival: «Il mio intento non era quello di spaventare […], con L’esorcista – che il regista considera al pari di un documentario - volevo solo raccontare una storia vera, del 1949, finita anche sulla prima pagina del Washington Post». In quest'ultimo progetto, presentato Fuori Concorso a Venezia come opera di non fiction, attingendo dal repertorio effettistico desunto dal cinema Horror (genere che lui stesso ha contribuito a codificare, anche per negazione: «Esistono segreti, anche abbastanza ovvi, su come iniettare la paura […]. Con L’esorcista ho cercato di non fare questo: il male, infatti, si manifesta in una camera da letto inondata dalla luce»), Friedkin manipola, mefistofelicamente, il girato a sua disposizione, dimostrando coi fatti quello che Béla Balázs ha spiegato a parole, e cioè «che nessun’opera [...] potrà mai esprimere lo spettrale, il demoniaco e il soprannaturale al pari del cinema». E lo fa, in particolare, nella sequenza dal taglio apparentemente più documentaristico, quella relativa all'ultimo esorcismo, fallito, praticato da Amorth su Cristina, una giovane donna afflitta da malessere spirituale. Qui, con astuzia perversa, riavvolgendo, isolando dettagli, enfatizzando per mezzo di alterazioni sonore, non fa altro che ribadire come alla fine alle immagini si possa sempre far dire ciò che più si vuole.
Lo schermo è demoniaco (lo suggeriva già Lotte Eisner col titolo del suo testo esemplare dedicato al cinema espresssionista tedesco), una demonicità nel senso antico ed etimologico deldaimon, che è uno scintillare, un apparire della luce come pulviscolo dal buio. Ma lo schermo è demoniaco anche perché è lì per mostrare, per far sì che qualcuno veda, e nella Genesi colui che permette ad Adamo ed Eva di aprire per davvero gli occhi è Satana. Certo lo schermo agisce per interposta persona, è tramite all'opera del regista, figura versatile, sottilissima, piena di risorse, di espedienti e di trovate, sempre sul punto di macchinare inganni e perfidie, che distrae, proprio come fa Friedkin con il suo repertorio da showman, per non far accorgerci dei suoi piedi caprini e del sentore sulfureo che lo accompagna.