Horror

THE DESCENT

Titolo OriginaleThe Descent
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2005
Genere
Durata99'
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Scenografia

TRAMA

Sei amiche si ritrovano per la consueta avventura annuale: un viaggio nelle viscere della terra. Juno, leader del gruppo, è una donna forte e aggressiva. Rebecca e Sam sono due sorelle scandinave, insieme a loro: Holly, una paracadutista e Beth, insegnante con l’incarico di sorvegliare Sarah, in preda a un esaurimento nervoso dopo la morte del marito e del figlio.

RECENSIONI

Preceduto da un battage che lo segnalava come l'horror inglese più bello degli ultimi anni (non vuol dire niente, lo so) The Descent presenta più di un aspetto interessante. Innanzi tutto prima di entrare nel cuore della situazione orrorifica si pregia di un lungo prologo che approfondisce il profilo dei personaggi, che sono tutti femminili, e le loro reciproche relazioni. L'ampia premessa ha poi una precisa connotazione realistica e l'irrompere del sovrannaturale è dunque improvviso e abbastanza inquietante (le misteriose creature che abitano il fondo della grotta). Da quel momento in poi però il film, abbandonando il coté atmosferico, diviene del tutto succube del genere e dei suoi codici: il lento decimarsi della compagnia, le alterne fortune dei superstiti, le tensioni interne al gruppo (con tradimenti di ieri e di oggi e relative, repentine rese dei conti). Nel buio claustrofobico della grotta - le scene si tingono di espressivi cromatismi (il rosso dei razzi, il verde delle barre luminose) -  si poteva osare qualcosa in più  dell'ennesima apparizione improvvisa o del dispiego ordinario del corredo splatter (per quanto più truculento e violento del solito). Il finale è peraltro originale, facendo prima presumere la salvezza dell’eroina ma disilludendo subitamente lo spettatore e riconsegnandolo allo sgomento sospeso dei titoli di coda.

L'horror è uno dei generi cinematografici che trova più estimatori, ma alla grande quantità dell'offerta corrisponde una limitata qualità, con pochissimi titoli in grado di fissarsi nella memoria e pochi capaci di fare il loro dovere di dispensatori di brividi. Per tacere delle frequenti operazioni commerciali, che trovano nel riciclo l'unica ispirazione, e delle innumerevoli promesse di terrore supportate da un marketing ingannevole che si risolvono perlopiù in sbadigli. A rinvigorire il genere, e a soddisfare finalmente gli appassionati, arriva dall'Inghilterra Neil Marshall, già regista di Dog Soldiers, successo in patria mai giunto sui nostri schermi. Il giovane regista anglosassone non inventa nulla, nel senso che mette in scena una storia ordinaria e conflitti tra i più classici, ma sceglie un'ambientazione originale (una grotta che si allunga nelle profondità della terra) e organizza il racconto con grande senso dello spettacolo e rispetto dello spettatore. Per una volta, infatti, niente amici gigioni, super belli in vetrina, battutone stupide, eroismi d'accatto, insomma poche concessioni allo stereotipo, con un gruppo di amiche e conoscenti che ha il sapore della verità e consente immediata empatia. La prima parte di attesa, inoltre, non serve solo, come spesso accade, per far raggiungere al film il sufficiente minutaggio e per dare un fugace volto alla carne da macello, ma costruisce personaggi sfumati in cui è possibile credere, aspetto spesso trascurato e invece determinante per dare sostanza alla paura. Grazie quindi alla suggestiva scenografia (il set è stato costruito ai Pinewood Studios di Londra), all'abilità del direttore della fotografia Sam McCurdy nell'utilizzare con estro e plausibilità le poche fonti luminose disponibili, alla riuscita progressione della sceneggiatura e a una regia che accumula la tensione per farla esplodere al momento giusto, la calata delle sei amiche nel sottosuolo diventa un vero e proprio viaggio nelle paure più ancestrali: il terrore degli spazi angusti (la sequenza della ragazza incastrata tra le rocce si rivela una delle più angoscianti), il senso di abbandono, la consapevolezza di non avere la benché minima speranza di salvezza, l'inevitabile sopraggiungere del panico. Tutte sensazioni che si respirano nella prima parte per poi divampare con forza nell'incontro improvviso, e davvero spaventoso, con le creature del buio. Una resa dei conti animalesca e radicale che si affida a svolte più che rodate (la dispersione del gruppo, il countdown delle vittime, il sangue a fiotti) ma ha anche il coraggio di affiancare alla pura azione uno sviluppo psicologico dei personaggi. Anche il finale, che gioca con sadismo sulla presunta voglia di lieto fine del pubblico, non delude. Inutile, infine, arrovellarsi sulla possibile misoginia che trapela dal racconto. La scelta di un microcosmo femminile deriva dal tentativo di impostare con originalità la stessa storia di sempre e non pare racchiudere secondi fini, punti di vista velati dal pregiudizio o critiche sociali latenti. Neil Marshall, infatti, punta dritto alle viscere dello spettatore e centra perfettamente il suo unico obiettivo: spaventare.