Fantascienza, Recensione

THE CHRONICLES OF RIDDICK

Titolo OriginaleThe Chronicles of Riddick
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2004
Durata120'
Sceneggiatura
Tratto dadai personaggi creati da Jim e Ken Wheat
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Riddick si ritrova su Helion II, durante lo spietato attacco dei Necromanger, e viene catturato da dei bounty killer che lo portano nel carcere di massima sicurezza di Crematoria.

RECENSIONI

Nel 2001 l'inaspettato successo, soprattutto nell'home-video, di Pitch Black ebbe come frutto immediato il lancio di Vin Diesel, attore d'inconsueta presenza schermica, poche parole vennero spese per il regista David N. Twohy, co-autore fino ad allora di una manciata di sceneggiature per film d'azione di buon successo, Il Fuggitivo, Terminal Velocity, Waterworld, G.I. Jane, ancora meno attenzione attirò il working title The Chronicles of Riddick: Pitch Black. A distanza di quattro anni il quadro si è completato, assieme agli autori Jim e Ken Wheat, Twohy ha creato una interessante tetralogia multimediale che ha come protagonista il criminale intergalattico Richard P. Riddick: il videogame (Vivendi Universal - Tiger Studios) per Xbox tCoR: Escape from Butcher Bay permette di ricostruirne un passato, Pitch Black ne narra l'avventura su un pianeta infestato da mostri fotofobi (come il nostro eroe), il corto di animazione tCoR: The Dark Fury segue le sue disavventure di fuorilegge braccato dai cacciatori di taglie fino agli avvenimenti di the Chronicles of Riddick, al momento punto d'arrivo, sospeso ed interrogativo della saga, ripercorsa anche da romanzi tratti dalle sceneggiature (nel frattempo il regista ha anche completato il curioso Below, tentativo di action/horror ambientato in un sottomarino durante la Seconda Guerra Mondiale). Sembra di andare sul sicuro se si suppone che iniziare con PB sia stata una necessità dettata dal budget, come al tempo si fece notare più di un legame riconducevano quel lavoro a Distretto 13: Le Brigate della Morte di J. Carpenter (1976): entrambi "piccoli" film in cui determinante è la costruzione minuziosa dell'atmosfera e dell'azione, per Carpenter una gabbia per imprigionare certo western, punto di partenza per molta sua produzione, per Twohy, probabilmente l'occasione per dimostrare il proprio valore commerciale con strutture elementari al fine di ottenere la fiducia utile a sviluppare il suo progetto e testarne le basi, il protagonista criminale ed il suo modus agendi, l'ambiguità di luce ed ombra e le disfunzioni percettive. Sarebbe assai più facile gestire tutto quanto se si avesse a che fare con adattamenti da opere letterarie o fumetti, in realtà il team ideativo Wheat bros e Twohy ha sviluppato un sistema narrativo autonomo ed molto stratificato che certo non si poteva supporre a partire da PB, se pure tornano alcuni personaggi del "primo" episodio, sono immersi in un immaginario ben differente. Per avvicinarsi si potrebbe pensare a Dune di Lynch od a un'estrazione dal ciclo della Fondazione di Asimov: esseri umani e non solo abbandonati alle profondità del tempo siderale. Come un episodio ben riuscito di Star Trek abbondano le citazioni, i calchi, a partire dal personaggio di Lady Vaako/ Thandi Newton, Lady Macbeth sensuale ed arrivista, attori teatrali come Judy Dench e Colm Feore (un Malvagio di tutto rispetto il suo Lord Marshal) ma è il metodo di composizione, il design complessivo a lasciare di stucco (dalle scelte cromatiche alle animazioni digitali puntigliose ed ineccepibili), come un frullato della più matura sci-fi nipponica, privato del greve (per l'occidentale) umorismo unito a corposi prestiti gothic. Twohy, nonostante l'amplissima quantità di materiale ed un iniziale (e finale) cedere al voice over esplicativo, non si cura di essere esplicito, la sua galassia compositiva è qui ed ora nella sua completa stratificazione: la profondità della fiction è nei dettagli, nel decòr che giace in secondo piano sul quale però si glissa (il sistema di navigazione Necromonger, il passato del Lord Marshall, mezzo uomo e mezzo "qualcos'altro", i metodi di combattimento), questa forse è la dote più importante, la sintesi inesplicabile ma mai ermetica.
Sullo stesso livello la caratterizzazione della teocrazia Necromonger, una "civiltà" di guerrieri che conquista pianeta dopo pianeta per acquisire nuovi adepti con un metodo particolarmente doloroso di condizionamento mentale, alla ricerca dell'Altroverso (Underverse, in originale da un parte ha caratterizzazione topologica negativa, il sotto, l'infernale che si ricollega a tutti i props che li riguardano, oltre ad essere assonante a Universe) e la particolare astronave-madre (La Basilica) che ha per facciata una chiesa cristiana (cattolica) molto prossima a quella di S. Ignazio a Roma ed un interno tutto metalli levigati e colonne tortili tipicamente barocchi. D'altro canto il loro motto potrebbe benissimo essere perinde ac cadaver. Di fronte a tutto questo Riddick sarebbe dispostissimo a non impicciarsi ma il destino gli riserva un'atroce sorpresa dopo l'altra e per aiutare ancora una volta Jack (il ragazzino/a di PB) anche ora che sia chiama Kyra deve affrontare gli invasori, una genìa di violenti totalitari che ha molto in comune con lui. Ma nulla è scontato, dalle molteplici location fino ai colpi di scena The Chronicles of Riddick è pervaso da un principio di coesione che ben di rado si trova in altri prodotti assimilabili in questi anni, se pure Twohy toppa clamorosamente una sequenza (quella dell'arrampicata dopo la fuga dalla prigione ha una pessima scansione temporale/causale) la ricchezza immaginativa non ha mai cedimenti ed in essa trovano posto tormenti mal sopiti. Il corpo e la materia sono cardini del percorso: Riddick si scontra con l'Altro perché riesce a leggere (le qualità della sua visione non sono solo letterali) il divenire e si piega per meglio sfruttarlo, conosce i codici del suo mondo e li attraversa con perizia e rapidità. La sua sofferenza è però di ben altra natura, Kyra è più di una sorella con cui gioca, è l'unico essere umano (per lui alieno prototipo) con cui può condividere l'esistenza, nell'unica forma che conosca, il movimento. I mondi e le prigioni (questo unito alla multimedialità chissà perché ci ricorda Greenaway, nulla di più lontano, eppure), ognuno dettagliato con gusto ed attenzione nelle sue peculiarità anche linguistiche, sono sottotrame di cui Riddick non si cura nemmeno - ma vede eccome, in modo assai vicino a quello con cui Lynch in Dune sintetizzava centinaia di pagine - , alla rincorsa del suo destino. Twohy esalta il suo protagonista, in un percorso di umanizzazione che lo porta dall'invincibilità sbruffonesca del one-liner alla costrizione di una trama cui i titoli di coda fanno intendere sarà irretito, allo stesso tempo sancisce la supremazia della sua costruzione.

Informazioni ed immagini ulteriori sul sito: Pitcherblacker.com