Azione, Recensione, Spionaggio

THE BOURNE LEGACY

TRAMA

Altro agente del programma segreto della Cia ‘Treadstone’, Aaron Cross scopre che i vertici stanno eliminando quelli come lui: fugge, contatta la biologa che ne seguiva i progressi e insieme vanno a Manila, dove si coltiva il virus che lo potenzia.

RECENSIONI

Non si tratta di uno spinoff, non ne possiede i tratti salienti: lo dimostra il fatto che è nato come seguito, abortito perché poco gradito sia a Matt Damon sia al regista Paul Greengrass. Dopo averlo tenuto a battesimo, sviluppato diversamente dai romanzi di Robert Ludlum (ma questo è tratto da un tomo di Eric van Lustbader) ed essere passato alla regia nel 2007 con Michael Clayton, lo sceneggiatore Tony Gilroy prende in mano il timone della messinscena, aiutato dai fratelli Dan (co-sceneggiatore) e John (montaggio): Jason Bourne (con tanto di foto di Damon) è nominato in continuazione, si parte da The Bourne Ultimatum, si fanno le cose in grande per allestimento spettacolare, attori scritturati e galleria degli altri personaggi della saga. L’unico fattore non all’altezza dei predecessori è l’attore protagonista: la coolness di Matt Damon non è eguagliata da Jeremy Renner perché, pur bravo, fa trasparire un ‘quid’ di umanità ed emotività in più che Gilroy non circoscrive, preferendo la super-spia in azione. Tutto il resto è di pregio: dal primo fotogramma in Alaska all’ultimo paesaggio di Manila, azione e tensione sprigionano energia all’ennesima potenza, con un potenziale brano da antologia (l’inseguimento per le strade della capitale filippina) cui manca il genio della messinscena. Ma Gilroy è abile nella scrittura, nel porre in parallelo le fughe degli eroi e le manovre del sistema spietato nell’uso del potere: peccato per il finale monco, che non fa molta luce sul gesto da Elephant del personaggio di Zeljko Ivanek e che non chiude, forse confidando in seguiti che non ci sono stati (Gilroy ha abbandonato la nave: il successivo Jason Bourne sarà totale parto di Greengrass).