Drammatico, Fantascienza, IWONDERFULL

THE BEAST

Titolo OriginaleLa Bête
NazioneFrancia, Canada
Anno Produzione2023
Durata146'
Sceneggiatura
Tratto dal racconto La bestia nella giungladi Henry James
Fotografia
Montaggio
Scenografia

TRAMA

In un futuro prossimo dominato dall’intelligenza artificiale, le emozioni umane sono diventate una minaccia. Per liberarsene, Gabrielle deve purificare il suo DNA scavando nelle sue vite passate. Lì trova Louis, il suo grande amore. Ma la paura la pervade, un presentimento che il disastro si sta avvicinando.

RECENSIONI

Poteva un cineasta dalle ponderose ambizioni intellettuali (ancorché, grazie al Cielo, salvato da una genuina istintività visionaria) come Bertrand Bonello esimersi dal dire la sua sull’intelligenza artificiale? Certo che no.
Più tortuosamente concettuale (ma anche visionario) del solito, Bonello ricorre a un racconto di Henry James per darci, pur dentro quella che non si può esitare a riconoscere come un esempio di fantascienza distopica (nella quale, naturalmente, l’IA ha reso praticamente impossibile la vita umana, e soprattutto il lavoro umano), una risposta relativamente rassicurante: la Storia non è che il susseguirsi di tentativi di farla finita con il futuro, e come prima non ci si è mai riusciti, così non ci si riuscirà nemmeno adesso. Dunque nemmeno l’IA sarà l’ultima parola: la Storia andrà avanti, e l’uomo continuerà ad esistere grazie alla propria incompiutezza. Eternamente incompiuto è infatti l’amore tra i due protagonisti, i quali, impersonati dagli stessi attori in iterazioni della stessa non-coppia in differenti età storiche (primi anni del Novecento, 2014, 2044), personificano una Storia la cui chiusura è sempre rinviata nonostante sembri sempre lì lì per compiersi. Proprio perché è impossibile che si formi, questa coppia è anche impossibile che si cancelli.
Il film è, senza dubbio, in gran parte nella parabola concettuale che Bonello si prende il tempo e l’agio di ramificare e rinfoltire con molte buone intuizioni – ma in fondo il cuore della parabola è al di fuori di essa. Essa è, infatti (e come l’incipit e il finale prontamente confermano, con quell’attrice alle prese con un set tutto virtuale in chroma-key), nella relazione tra uomo e ambiente. Relazione che vedrà l’uomo sempre in posizione mancante, asimmetrica: ed è questa la sua forza, il suo segreto nel differire una minaccia di estinzione non solo sempre, ma da sempre dietro l’angolo. La relazione uomo-ambiente, Bonello la onora con una cura particolare (ecco perché, anche qui, si merita l’aggettivo di “visionario”) verso le scenografie, ognuna di esse (come da tradizione) il segno visibile di una determinata epoca storica. Non è la verosimiglianza mimetica a contare, ma il minimalismo finto-rudimentale con cui ogni singola epoca viene raffigurata: così, l’indifferenza orizzontale dentro cui ogni passato tende ad essere archiviato (nel futuro, le discoteche saranno a tema, e ad ognuna corrisponderà un certo anno del passato, rivisitato con estetica retrò) tende ad incresparsi nell’unicità appena abbozzata, nient’affatto compiuta, del presente. E così, la Storia diventa l’archivio dei tentativi del presente di darsi una forma: tentativi sempre abortiti, ma per questo anche sempre ritornanti