THE BANQUET

Anno Produzione2006

TRAMA

Antica Cina, nella caotica epoca delle Cinque Dinastie e dei Dieci Regni (907-960 D.C.). La giovane, valorosa e bellissima imperatrice  Wan cova desideri nascosti verso il figliastro, il Principe Wu Luan, giovane malinconico e introverso. Quando l’imperatore muore all’improvviso, il trono viene occupato dal fratello minore Li. Wan accetta di sposarlo, convinta che sia l’unico modo di proteggere Wu Luan. Ma Li incarica di nascosto le sue guardie di uccidere il nipote.

RECENSIONI

Shakespeare in Cina

L'Amleto rivisitato dalla Cina trova in Feng Xiaogang, uno dei registi in patria più popolari e remunerativi al botteghino, un degno emulo di Zhang Yimou. La più classica delle storie, in cui l'amore e il potere faticano a intrecciarsi, diventa infatti un vero e proprio kolossal, sontuoso ed elegante, dove a dominare sono ancora una volta le mirabolanti coreografie di Yuen Wo-Ping. Succede quindi di nuovo che la forza di gravità perda consistenza e consenta ai personaggi di librarsi in volo con grazia e leggerezza. L'annullamento delle leggi della fisica, pur nell'assenza di qualsiasi originalità, (da "La tigre e il dragone" in poi Wo-Ping ha fatto scuola) produce il consueto stupore (il combattimento che apre il film all'interno di un teatro sospeso su una sorta di enorme pagoda immersa nella giungla è splendido), ma in mezzo a tanto sfarzo e al tentativo, riuscito, di colpire l'occhio, rischia di limitare l'incisività dei forti conflitti messi in scena. Non aiutano i dialoghi da fotoromanzo, mentre la musica tonitruante ben si adatta, pur nella ridondanza, all'epica del racconto. La star cinese Zhang Ziyi, abbonata alle eroine in costume ("La tigre e il dragone", "La foresta dei pugnali volanti", "Memorie di una Geisha") si conferma icona di stile ed eleganza. Nell'ostentata fastosità produttiva si distinguono anche la mirabilia di costumi e scenografie, mentre la computer grafica quando interviene fa solo danni (il brutto scorpione digitale nei titoli di testa). Il limite di queste mega-produzioni è l'assenza di personalità, con una magnificenza visiva omologa a tante altre che finisce per rendere i film sovrapponibili e incapaci di imprimersi nella memoria. Cosa che, inevitabilmente, accade.