Biografico, Drammatico

THE AVIATOR

TRAMA

Vent’anni della vita di Howard Hughes: milionario, regista, produttore, aviatore.

RECENSIONI

Sarà anche il film meno personale di Martin Scorsese, quello più finalizzato al riconoscimento di Hollywood (desiderio solo in parte soddisfatto nel rito degli Oscar) e forse non il titolo migliore della sua densa filmografia, ma nella biografia del magnate Howard Hughes si respirano momenti di grande cinema. La prima parte è folgorante e dimostra la totale padronanza di Scorsese nell'assemblare in modo armonico il proprio punto di vista con gli elementi della tessitura cinematografica: il montaggio epico di Thelma Schoonmaker, la creatività nei costumi di Sandy Powell, la fotografia accurata di Robert Richardson e le sontuose scenografie di Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo. L'età d'oro di Hollywood è ritratta con un brio al limite della "maniera", e alcune gag hanno forse il sapore dell'interpretazione di un'epoca a posteriori, ma lo schermo riesce ad accendersi sul sogno dando concretezza all'immaginario collettivo. Del resto la scelta di Scorsese è di puntare sull'evocazione e non sulla mera riproduzione. A partire dal protagonista (e produttore) Leonardo Di Caprio, bravissimo interprete delle due facce del mito, entrambe a un passo dalla follia: quella fobica e quella megalomane. In apparenza il divo americano non ha nulla in comune con il vero Hughes: non gli assomiglia fisicamente ed è molto più giovane (il lungometraggio si sviluppa nell'arco di un ventennio e a fine film Hughes "dovrebbe" avere più di quarant'anni), ma Di Caprio non si affida all'imitazione (come, ad esempio, Jamie Foxx nel ruolo di Ray Charles) e va al cuore del personaggio, dando voce, corpo e anima alle sue contraddizioni, la baldanza abbinata alle profonde paure. È proprio grazie alla sua vigorosa interpretazione che si riesce a credere nel personaggio, perché il copione non offre grandi appigli e limita la psicologia di Hughes al rapporto con la madre in un prologo banalotto (poi ripreso con poca fantasia nel finale). Le stesse maniacali fissazioni vengono riproposte con poche varianti senza sviscerarne le dinamiche e la seconda parte si impaluda nello scontro, non proprio irresistibile, tra il miliardario e il senatore corrotto (un bravo Alan Alda), fino allo scontato processo risolutore. Non è solo grazie al carisma di Cate Blanchett rispetto al bel visino di Kate Beckinsale che Katharine Hepburn annulla totalmente Ava Gardner. È proprio a livello narrativo che la tanta carne al fuoco perde progressivamente vigore, fino a un epilogo che lascia più mogi che soddisfatti. Nonostante questo disequilibrio nella sceneggiatura, il film riesce comunque a trasmettere la suggestione di un periodo storico e la determinazione di un uomo incapace di venire a patti con le proprie pulsioni. E alcune sequenze (non solo quelle spettacolari degli incidenti aerei) valgono il prezzo del biglietto. Una per tutte: il "Ti presento i miei" a casa Hepburn.