THE 4TH LIFE

Anno Produzione2006

TRAMA

Il viaggio della enigmatica e sensuale Marie March verso Darckeville, decadente città post-industriale, è costellato da visioni, ricordi, imprese delittuose e strani incontri. Il possibile ricongiungimento con l’amante di un tempo, Caz, bella ma completamente fuori di testa, appare ugualmente destinato a creare scompiglio. In questo thriller surreale, del resto, la follia è dietro l’angolo.

RECENSIONI

Lesbo(n) Story

Il regista di The 4th Life è senz’altro un tipo interessante, come del resto molti suoi connazionali attivi in campo cinematografico. Francois Miron, canadese, ha infatti esordito lavorando direttamente con le emulsioni, per poi passare alla realizzazione di videoclip e corti di animazione sperimentale, tutte esperienze in grado di lasciare un segno anche nel suo cinema di fiction. Ed infatti non si fa certo fatica a ravvisare una tale impronta sperimentale nella realizzazione di The 4th Life, oggetto filmico affascinante e incompiuto, visionario e contorto, stratificato su diversi piani temporali e complicato da rebus onirici di forte impatto visivo. Cosa per noi altrettanto importante, il sempre discutibile aggettivo post-moderno vi si addice, ma al contempo non resta abbinato ad un prodotto superficiale e fine a se stesso, quanto piuttosto ad una rilettura del noir densa, accattivante, con figure femminili destinate a rimanere scolpite nella memoria; e se vogliamo, oltre che in una generica memoria, nello specifico di un immaginario erotico turbato; innegabile che il livello di sensualità sprigionato dal complesso rapporto tra la protagonista Marie March e l’amante di un tempo, quella Caz ora in fuga da un istituto di igiene mentale, raggiunga temperature piuttosto alte; a fronteggiarsi sono sensibilità stravolte, poste sulla scia di un passato oscuro, le cui tracce affiorano in un continuo sovrapporsi di frammenti allucinatori.
Il canadese, per inciso, è bravo nel maneggiare formati differenti, variazioni di colore, deformazioni grandangolari, ed altre soluzioni visive da rapportare all’impronta mutevole di una fotografia ben modellata sullo stralunato paesaggio post-industriale, quasi fuori del tempo, in cui si muovono i protagonisti. Il rocambolesco viaggio in treno di Marie March e le cruente tappe dell’inseguimento tentato a sua insaputa da Caz, con tutta la galleria di strambi personaggi incontrati lungo il percorso, definiscono un mood del tutto particolare; come se echi lynchani si sovrapponessero ad un maledettissimo road movie zeppo di provocazioni alla Gregg Araki. Doom Generation strikes back? Forse si esagera, ma il film di Francois Miron di spunti coraggiosi ne offre un bel po’; tanto da risultare intrigante nonostante un finale, unico neo, che non sembra all’altezza delle carte precedentemente calate sul tavolo.

Stefano Coccia