Drammatico, Recensione

TERZA GENERAZIONE

Titolo OriginaleLooking for Alibrandi
NazioneAustralia
Anno Produzione2000
Durata103'
Sceneggiatura
Tratto dadall'omonimo romanzo di Melina Marchetta
Fotografia
Montaggio
Musiche

TRAMA

Sydney: l’ultimo anno di liceo di Josephine (detta Josie), nipote di emigranti siciliani.

RECENSIONI

 Passando dal piccolo al grande schermo, Kate Woods decide (si potrebbe pensare) di limitare gli azzardi, servendosi degli stilemi del romanzo di formazione per narrare il modo in cui cambia, in pochi cruciali mesi, l'universo di un'adolescente. Non privo di ingenuità (il primo incontro fra Josie e il padre), facilonerie (la voce off, i cui commenti non sempre colgono il bersaglio) e spruzzi retorici (le ultime sequenze sono quasi indigeribili), 'Terza generazione' riesce comunque a essere qualcosa di più che una semplice commedia da teenager. Il merito è in gran parte (per non dire soprattutto) di Melina Marchetta, che, adattando il proprio Looking For Alibrandi, offre alla regista situazioni e personaggi non (del tutto) banali. Il milieu italo-australiano in cui si muovono i personaggi principali è ritratto in modo piuttosto folcloristico, ma non privo di un'ironia capace di stemperare, esasperandoli, i manierismi stessi della rappresentazione (l'ossessiva presenza delle malelingue dai mille telefoni). L'elemento 'etnico', inoltre, non è mera decorazione, ma la radice dei conflitti dell'azione, strutturata principalmente sul contrasto fra oriundi (rozzi e vitali, accomunati agli australiani di condizione sociale non sufficientemente 'prestigiosa') e wasp (membri della classe dominante, schiacciati dal peso della perfezione, quasi inevitabilmente destinati a una pessima fine). In questo panorama di parenti invadenti (non di rado serpenti), compagni più o meno ostili e insegnanti tutto sommato benevoli (rispetto alla media del genere), la giovane Josie deve affrontare l'amore, nella duplice forma dei rapporti con i ragazzi [per fortuna la (solita) opposizione fra il tipo perfettino e quello vagamente maledetto non è eccessivamente manichea] e delle relazioni familiari, in cui la difficile ricerca della figura paterna (odiata e desiderata a un tempo) enfatizza la preminenza dell'elemento femminile, elemento di continuità e di sicurezza in grado di creare un mondo a parte in cui la prevaricazione (del maschio, della società, del tempo) viene, se non del tutto sconfitta, posta in fuga. Niente di nuovo, si dirà: ma, d'insolito, ci sono una sincerità e un pudico rispetto per la materia trattata che rendono vivi i personaggi e interessanti le loro peripezie. La messinscena, nonostante i trascorsi televisivi dell'autrice, non è affatto piatta: le trovate visive (dal santino animato alla vetrata cangiante) e sonore (il funerale con la musica degli U2) sono garbate e non puramente esornative, la direzione degli attori è spigliata ma non grevemente naturalistica, non mancano ammiccamenti cinefili a fior di labbro (l'abito rosso de 'La figlia del vento', la corsa di 'Jules e Jim'). In un cast di grande omogeneità e di lodevole efficacia spicca - come non potrebbe? - il talento crepuscolare di Greta Scacchi. Il doppiaggio nostrano, com'era prevedibile, elimina ogni possibile bilinguismo e ci costringe all'ennesima zuppa di italiano e dialetto malamente riprodotto.