TRAMA
Terkel è un bambino spesso tormentato dai bulli della scuola, al punto da vedee minacciata la sua stessa vita.
RECENSIONI
Fuga dalla scuola media
Esiste una regola tacita, in realtà più volte disattesa, per cui si ricorre all'animazione solo quando la realtà è difficilmente riproducibile. Arduo fare con attori veri "Alla ricerca di Nemo" o "Bambi". A rompere il tabù i danesi Kresten Vestbjerg Andersen, Thorbjorn Christofferson e Stefan Fjeldmark, autori dello strano oggetto, ormai di culto, "Terkel", che dimostrano come sia inopportuno porre limiti alla libertà espressiva. Il film, campione di incassi in patria e con le qualità per ritagliarsi spazi di interesse un po' ovunque, affronta la problematica età della pre-adolescenza. Il protagonista ha infatti 11 anni ed è in quel terribile periodo della vita in cui brufoli, ormoni e rabbia si fondono insieme dando sostanza al disagio di crescere. L'abbandono delle certezze dell'infanzia è ormai un dato di fatto e il grigiore ineluttabile dell'età adulta sta seminando i primi germogli. Il percorso iniziatico imbastito dal trio nordico è tutt'altro che rassicurante, perché non impone eroi a cui dover per forza rassomigliare e cattivi da cui fuggire, ma fotografa la realtà per quello che è. Nel bene e nel male. Nessuno dei personaggi messi in scena è portatore di valori particolarmente positivi, tutti si trovano ad avere a che fare con sentimenti e pulsioni non proprio edificanti e nulla ci viene risparmiato delle conseguenze. Non mancano risse, pugni, omicidi, suicidi, dettagli sordidi. L'incomunicabilità regna sovrana, a casa come a scuola. Le amicizie vengono tradite con facilità, le istituzioni non offrono alcun effettivo sostegno e la famiglia è zero assoluto. La madre di Terkel non ascolta mai il figlio e il suo unico scopo nella vita sembra essere quello di fumare in continuazione sigarette. Il padre, invece, ha una sola parola che è "No!", indipendentemente dalla domanda che gli viene rivolta, e legge sempre la stessa pagina dello stesso giornale. Divertente, crudele, cinico, tutt'altro che buonista, lo sguardo dei registi non è mai compiaciuto e si mantiene affettuoso nei confronti della varia umanità che mette in scena. La tecnica è molto essenziale, con una veste grafica che predilige la semplicità e la regia si concentra sulla caratterizzazione dei personaggi e le fulminanti battute di dialogo. Per una volta le lodi coinvolgono anche il doppiaggio. La versione danese era affidata a un comico locale, Anders Matheson, che interpretava tutti i personaggi. In Italia ci pensano invece Elio e le Storie Tese, Claudio Bisio, Lella Costa e Simone D'Andrea. E il risultato coinvolge e diverte evitando l'effetto catechizzante di molti prodotti a target giovane e non sottovalutando la capacità di scelta del pubblico. Che per una volta non si troverà a scegliere tra le tentazioni del male e gli onori e la gloria del bene, ma avrà modo di fare un'esperienza sempre più rara: confrontarsi con una realtà (quello che succede e si dice tra i banchi delle Scuole Medie) e prendersi la briga di interpretarla.
