TRAMA
Il peone messicano Jesus Maria Moran detto Tepepa votato alla causa rivoluzionaria di Madero che, una volta eletto presidente, si dimostra un misero parolaio venduto ai potenti, imbraccia nuovamente il fucile per combattere l’aristocrazia terriera e l’esercito governativo, ma è braccato da un medico inglese assetato di vendetta al quale aveva violentato la fidanzata.
RECENSIONI
Talento consacrato allo spaghetti-western Giulio Petroni ha l’incontestabile merito di aver contribuito ad offrire a questo amatissimo genere della cinematografia peninsulare opere dal fascino irregolare e del tutto fuori dal protocollo. Da uomo a uomo, forse lo “spaghetti” più bello di Petroni, non sfigura affatto al cospetto di pellicole più conosciute e conclamate come Per un pugno di dollari, Django, Faccia a faccia, o di altre un po’ meno note ma imprescindibili come Se sei vivo spara e La taglia è tua…l’uomo l’ammazzo io (ricordato spesso con il titolo franco-spagnolo El puro) girate da due battitori liberi del calibro, rispettivamente, di Giulio Questi e Edoardo Mulargia. Anche Tepepa, dello stesso Petroni, non sfugge a questo genere di valutazioni inserendosi di diritto in un filone di western italioti dal volto veramente sporco.
Franco Solinas e Ivan Della Mea sceneggiatori garantiscono un coinvolgimento narrativo a priori raccontando una storia di peones messicani in odore di rivoluzione. Naturalmente il contesto cronologico (1968, anno di realizzazione del film) non può non dettare le sue ingerenze. E tuttavia Tepepa nel suo essere strettamente legato al periodo sessantottino più che a un discorso prettamente politico si affida alle atmosfere lerce e sudaticce dei quasi favolistici villaggi messicani, ma soprattutto all’inarrivabile bravura dei suoi protagonisti: Tomas Milian sempre più icona del genere, negli splendidi, aderentissimi panni del bandito(/)rivoluzionario Tepepa, un Antonio Das Mortes molto più cialtronesco che inveisce contro tutto e tutti in italo-cubano, John Steiner insolito medico curante con malcelati desideri di vendetta che si trascina per tutto il film con noncurante aplomb da lord inglese, e un sorpreso e sorprendente, nonché quinlaniano, Orson Welles nelle vesti del cattivissimo e spassosissimo colonnello Cascorro, al suo sospirato debutto in una pellicola western (ci voleva Petroni con la complicità della premiata ditta di produzione Alfredo Cuomo, Franco Clementi e Nicolò Pomilia!).
L’inventiva petroniana fa il resto mostrando una debordante e parecchio suggestiva struttura a flashback e memorabili sequenze di allucinata violenza di massa e deformante onirismo. La versione televisiva circola maldestramente e sciaguratamente mutilata.