Drammatico, Grottesco, Recensione

TAKESHIS’

Titolo OriginaleTakeshis'
NazioneGiappone
Anno Produzione2005
Genere
Durata108'

TRAMA

Beta Takeshi, uomo di spettacolo di successo, vive una vita surreale e piena di contraddizioni come ogni uomo schiavo della celebrità. Nello stesso tempo Kitano, un suo sosia biondo, è un attore timido e sconosciuto che per sopravvivere fa il cassiere in un negozio sperando di essere scoperto e divenire popolare.

RECENSIONI

Il primo brutto film di Kitano è la sintomatica espressione di una crisi artistica annunciata dallo stesso autore. Noioso, ripetitivo e narcisistico, risaputo nel descrivere il mondo del cinema passando attraverso il tema del “doppio”, filmico (il “Beat” che abbiamo conosciuto ed amato nei precedenti film) ed esistenziale (l’altro da sé, “in sé”, nel quale si condensano le frustrazioni ed insofferenze represse, attraverso il quale dar libero sfogo alle pulsioni inconsce), il film “sorpresa” della 62 mostra d’arte cinematografica di Venezia è la delirante ed onanistica “messa in scena” di un suicidio simbolico e di una trasfigurazione, che dovrebbe chiudere una fase nella filmografia del suo autore ed aprirne una nuova. I kitaniani integralisti hanno gridato al capolavoro “malato”, all’8 e mezzo, autoconvincendosi del valore dell’opera in nome della difesa ad oltranza di colui che ha meritatamente, col tempo, acquisito lo status di autore. Dunque, intoccabile, inattaccabile. Spesso è l’autorialità a fungere da ombrello e a salvare gli “autori” dagli strali della critica. Il plurale del titolo, più che alla doppiezza dell’artista, pare alludere alla deleteria e, ci auguriamo, provvisoria svolta “mikiana” del regista del Silenzio sul mare: follia senza metodo, abolizione delle categorie spazio-temporali rispondente ad una poetica autistica e non comunicativa. In attesa di una tanto annunciata futura palingenesi, prendiamo atto della fine di un personaggio, lo yakuza, di un alter ego attoriale (“Beat” Takeshi). Era necessario realizzare un film per celebrarne il funerale?

Il maestro ha fatto un brutto film? Ebbene sì. Scorrendo in rassegna le sue piccole manie ed ossessioni (la percezione stereotipata che il pubblico porta di lui, ci tiene a specificare) Kitano, che azzarda il suo solo per la critica, le piega in chiave caricaturale ed (auto)omaggia la sua stessa carriera, chiari risultando i richiami a Mai Dire Banzai (la coppia di obesi) e alla filmografia precedente (la sequenza sulla spiaggia è puro Hana-Bi). Parlando smaccatamente di sé il regista rischia, si muove su una linea sottile: occorre mantenere accortezza e rigore per non sconfinare presto nel disinteresse, nell’innocua donazione al proprio Io. Non risultando tagliato per questo tipo di film (che ha già fatto vittime illustri) subito scivola nell’ironia grossolana, nella galleria ben riconoscibile (gli archetipi dei suoi film qui diventano stereotipi), nel diffuso ed inutile nonsense che vaga spaesato fuori pista (lo slalom tra cadaveri). Quando è chiamato a scrivere una conclusione Takeshi sceglie dal mazzo la peggiore: la svolta finale introduce all’ennesimo “film nel film” proprio quando si sperava in una direttiva, un segno, un barlume per infondere senso a questo delirio. Bisogna essere oltremodo riverenti ed acriticamente disposti all’applauso verso quel fottuto giapponese per avvallare un’uscita del genere, in cui Kitano sembra dire:
Io sono il regista orientale più famoso in Occidente, io ho esordito facendo i versacci in televisione e, cavoli, ne ho fatta di strada… Io ho fatto sognare una generazione di cinefili sfornando maestosi capolavori come Il Silenzio sul Mare e Hana-Bi, ci tengo a ribadire il fatto che ho anche esplorato l’America, riflettuto sulla tradizione del mio grande Paese, resuscitato un personaggio mitico dal folklore popolare. Oggi ho tutto, giro i festival europei (perché in patria ancora non mi  vogliono) venerato come un dio, circondato da uno stuolo di fans cui regalo ghigni da psicopatico, scatenando il mio caratteristico tic all’occhio destro. Ebbene sì, sono il migliore, zero discussioni: ma adesso, dopo tutto questo, sono anche capace di prendermi in giro da solo, di dipingermi in chiave autoironica, di saper scherzare amabilmente su me  stesso… visto che bravo?
Tump!