TRAMA
Quattro amici, stanchi della routine e dei classici problemi della mezza età (apatia, assenza di stimoli, acciacchi), decidono di partire insieme per una vacanza in totale libertà. Buttati i cellulari e inforcate le moto, per una settimana si trasformeranno in ruggenti bikers sulle strade d’America.
RECENSIONI
C'è una sequenza emblematica nel film di Walt Becker che ha conquistato i botteghini americani: i quattro svalvolati raggiungono un laghetto in mezzo al nulla e decidono di farsi un bagno ristoratore. Piano piano si fanno prendere dall'"impudicizia" e tra battutine e risolini si sfilano le mutande e le lanciano incautamente a riva. All'arrivo improvviso di un'allegra famigliola si scatena il panico e, quando il capofamiglia si accorge che i quattro sono nudi, fugge a gambe levate, nell'imbarazzo generale, con moglie e prole, spaventati, al seguito. Ecco, basterebbe questa sequenza per bocciare drasticamente il film, portatore di una cultura omofoba e bigotta che paragona la nudità al Male assoluto. I film, però, non sono sempre popolati da personaggi che incarnano i valori in cui si crede e devono essere valutati per quello che sono. In questo senso Svalvolati on the road (masochistico il titolo italiano, in grado di allontanare anche i più ben disposti) si propone come una commedia leggera con l'obiettivo primario di intrattenere e fare ridere, e come tale deve essere presa. Non troppo sul serio, quindi, altrimenti il rischio è di porre una barriera più ideologica che cinematografica. Premesse a parte, la commedia scivola leggera grazie all'aria scanzonata che si respira e alla simpatia del quartetto protagonista. William H. Macy, finalmente in una parte comica (il tecnico informatico poco integrato socialmente), è irresistibile e anche gli altri, pur nella convenzionalità delle caratterizzazioni, si buttano nei ruoli con la giusta verve (forse è John Travolta l'unico che ogni tanto eccede). In fondo si tratta di quattro "sfigati" di mezza età e il film non fa nulla per nasconderlo. Certo, finisce tutto in gloria, l'amicizia è rinsaldata, i conflitti sanati e ancora una volta l'uomo comune diventa eroe suo malgrado, ma buonismo e retorica, pur inquinando, non disturbano più di tanto, grazie al buonumore che il film è in grado di trasmettere. Il merito è anche di una sceneggiatura che non si limita ad affiancare le battute ma cerca la progressione. Certo, se le gag non si dilungassero alla ricerca della risata grassa, se i contrasti fossero più giocati su toni medi che sull'esagerazione (i bikers antagonisti hanno lo stesso spessore intellettivo dei mutanti di Le colline hanno gli occhi), se i dialoghi mettessero in discussione più che celebrare la cultura maschilista e bacchettona di cui si fanno tramite, se regia e sceneggiatura osassero anche solo un po' tentando di uscire da un rassicurante conformismo... beh... se così fosse sarebbe un altro film, probabilmente più riuscito. Ma anche a questi svalvolati, con i loro evidenti limiti, una visita, seppur fugace, si può fare.