TRAMA
Nella piccola comitiva di adolescenti, che alla routine scolastica ha preferito una giornata di libertà nei boschi, si accende la rivalità tra Bingo e Paul, determinati entrambi ad imporsi come leader e a fare colpo sulla ragazza del gruppo, Leanne. Ma in questo confronto ad alto livello testosteronico irrompe Peter, uno sbandato che prima si conquista le simpatie della banda e poi ne approfitta per sfogare la propria aggressività sui ragazzi, sempre più terrorizzati. Si intuisce che il gioco finirà male, in un modo o nell’altro…
RECENSIONI
Cicatrici poco profonde
Julian Richards è uno dei registi più rappresentativi di quella “new wave” inglese che negli ultimi anni ha proposto un modello di cinema indipendente indubbiamente vitale, aperto alle contaminazioni di genere, flessibile e ingegnoso dal punto di vista produttivo. Tra le tante figure interessanti espresse da tale cinematografia, lo stesso Richards si era fatto notare in una delle prime edizioni del Ravenna Nightmare con The Last Horror Movie, interpretato da quel Kevin Howarth, peraltro bravissimo, che abbiamo poi ritrovato in Summer Scars. Ma questo ritorno a distanza di anni ha lasciato qualche perplessità. Se la semplicità della macchina produttiva, con attori giovani e motivati al servizio di una storia forte, è un dato di fondo che continua a trovare consensi, il risultato finale è parso in questo caso inferiore alle aspettative.
Kevin Howarth, come dicevamo prima, è piuttosto convincente nell’impersonare l’adulto disturbato che trovandosi di fronte un gruppetto di adolescenti inizialmente spavaldi, e poi sempre più spaesati, trova il modo di imporre la propria aggressività attraverso una serie di piccole violenze fisiche e psicologiche. Ma il regista, che pure dichiara di essere molto legato al soggetto per via di alcune brutte esperienze vissute da giovanissimo, sembra affrontare l’argomento in modo un po’ pretestuoso, permettendo che nella rappresentazione di situazioni al limite si avverta un compiacimento talvolta fuori luogo. L’impressione non positiva che il taglio “borderline” sia costruito un po’ troppo a tavolino trova conferma in quei piccoli scarti stilistici, che sottraggono sincerità all’operazione. Summer Scars archivia infatti nelle scene di maggiore impatto un accento drammatico, realistico, apparentemente senza filtri, che contrasta abbastanza con certe sottolineature decisamente più ”glamour”; ad esempio le stesse immagini che accompagnano i titoli di testa, rimarchevoli giusto per le note hip hop e il montaggio sbarazzino, così poco in sintonia col resto del film.
Stefano Coccia