TRAMA
54 studentesse decidono di gettarsi sui binari della metropolitana mentre il treno sta arrivando in stazione. E’ solo il primo di una lunga serie di suicidi che colpiranno Tokyo e sui quali inizierà ad indagare l’ispettore Kuroda e la sua squadra
RECENSIONI
"Ognuno di noi in maggiore o minor misura, desidera capire il significato della propria esistenza al mondo, della propria morte e sparizione. Però è proprio a questo punto che può verificarsi un errore fatale, che "saltiamo un'asola". Così la realtà a poco a poco si sfasa. [...] Potrei essere io, potreste essere voi. Il muro che si erge tra la nostra vita quotidiana e un culto religioso è molto più sottile di quanto immaginiamo."
(Underground di Murakami Haruki)
Con uno stile a tratti quasi documentario e con delle accattivanti concessioni allo splatter, Sion Sono costruisce Suicide Club su un continuo sbandamento da un piano all'altro, da un contesto narrativo all'altro, permettendo alla composizione di punti di vista alternati di alimentare la nebulosità lacunosa e avvolgente dell'opera. Suicide Club è la prima parte di una trilogia scritta da Sion Sono (Suicide Circle: The Complete Edition) e realizzata dallo stesso nelle sue prime due parti (rispettivamente Suicide Club del 2002 e Noriko's dinner table del 2005, presentato come prequel del primo film). False piste conducono in altrettanti vicoli ciechi (l'iniziale scetticismo che induce alcuni a considerare i suicidi di massa come incidenti e non come veri e propri omicidi, la cattura di Genesis che dichiara di essere il fautore del Club nonostante dopo la sua cattura le morti non si interrompano), facendo dello spaesamento che ne consegue un criterio di immersione nel vortice di paranoia che pervade l'opera. Come un'epidemia, la propagazione dell'infezione sfrutta i meandri della rete e di internet, facendo leva sulla condivisione orizzontale propria del mezzo informatico: internet è il mezzo di diffusione, di riconoscimento e di annullamento della propria alienazione in un sentire collettivo, pronto ad assorbire e ad inglobare. Il meccanismo del Suicide Club è altrettanto inesorabile e si basa sullo sfruttamento della scissione interiore che ogni essere umano trova innata dentro di sé: si è al tempo stesso vittime e carnefici. Sono ruoli scelti. La società del resto preme affinché l'individuo assuma sempre più spesso la maschera del carnefice, a scapito della parte fragile e instabile che viene messa in ombra, lasciata in attesa di essere dimenticata e rimossa. L'agonismo compulsivo della frenesia della comunità civilizzata riconsegna ognuno alla propria solitudine, provocando ed alimentando un'alienazione corrosiva e schiacciante, insostenibile. E' qui che si insinua l'”occasione” offerta dal circolo dei suicidi: riprendere il dialogo con la propria parte dimenticata, scartata, con le proprie debolezze e farle prevalere, fino all'annientamento del sé posticcio che la società offre come prodotto scadente e deperibile. Tornare ad essere conigli, vittime sacrificali.
Si stabilisce così un collegamento perenne e indistruttibile, perfetto, circolare ed eterno, che supera l'idea di solitudine e tende ad abbracciare con la morte tutti coloro che hanno tentato di intraprendere questo contatto con il loro vero Io. Una macchina perfetta, trasversale, ma pilotata, che si introduce nei canali di comunicazione istituzionali (internet, i video e le canzoni del gruppo pop Dessert, nome che oltretutto subisce diverse modifiche durante tutto il film), piegandoli in un uso subliminale e oscuro. Sion Sono amalgama la retorica del Suicide Club con la materia, con la carne viva realizzando una pellicola fatta di brandelli sparsi, tenuti e cuciti assieme ma senza soluzione di continuità, senza che possano testimoniare qualcosa in più oltre se stessi (l'immagine stessa dei rotoli di pelle umana ritrovati sui luoghi dei suicidi contribuisce in maniera evocativa a questa lettura).
Pelle come pellicola.
“Are you connected to yourself?”