TRAMA
Anni trenta: si fa chiamare Alexander e maneggia fiumi di denaro, ma ha un passato da nascondere, da truffatore e carcerato.
RECENSIONI
Riunitosi allo sceneggiatore di La Guerra è Finita (Jorge Semprun), ecco un Resnais meno dissonante, più narrativo, con una suadente eleganza compositiva (e cinefila) nel rievocare gli anni trenta, nell'approccio complesso alla figura d'un simpatico truffatore (Jean-Paul Belmondo è tagliato per la parte) che, posto in parallelo con il Trotskij esiliato in Francia (due sovietici rincorsi dal passato), diventa il simbolo della fine di un'epoca e il mezzo per un "j'accuse" agli intrallazzi del potere corrotto, allo sperpero di denaro delle classi alte. Peccato che verso il finale l'opera si faccia più didascalica nello svelare un complotto politico, mentre il suo fascino risiedeva proprio nella struttura labirintica dei flashback e fast-forward, capace di creare mistero e simbolismi, riferimenti storici ed ideologici, ambigui quanto stimolanti. Un bel gioco "intellettuale", con chiavi di lettura nascoste (occhio ai testi teatrali citati, da Sacha Guitry a Intermezzo fino al Coriolano di Shakespeare) ed il solito tema del "timore della memoria": il protagonista fa di tutto per essere dimenticato e, allo stesso tempo, cerca la fama, perché è un "grande malato", un megalomane con manie di persecuzione (diagnosi freudiana) che vive per il futuro ma viene posto in scacco dal passato e dal caso demiurgo (nella fattispecie: il potere politico, le coincidenze). Ruolo da primadonna per il commento sonoro.
