TRAMA
La vita procede tranquilla a Bikini Bottom fino a quando Plankton non ruba la ricetta del prelibato Krabby Patty. Che sia colpa del pirata Barba Burger? Per scoprirlo bisognerà abbandonare il fondo del mare, e il mondo dei cartoni animati, e andare sulla terraferma, dove tutto è reale.
RECENSIONI
SpongeBob rappresenta la parte bambina di ognuno di noi. La simpatica spugna gialla vede infatti il lato positivo di ogni cosa, ha un’ingenuità disarmante, punta a divertirsi, non giudica, e non si deprime mai, animata com’è da un entusiasmo contagioso. A inquinare tanto ottimismo contribuiscono un umorismo tagliente, esaltato da battute caustiche, un frullato di citazioni e una morale, a volte anche sottilmente amara, che permettono al personaggio di imporsi in modo trasversale, accontentando sia il pubblico più prettamente infantile che gli adulti. Arrivata sul piccolo schermo nel 1999, grazie alla determinazione e all’estro del biologo marino Stephen Hillenburg, la relativa serie televisiva conclude tre stagioni di successo con il primo lungometraggio del 2004, SpongeBob – Il film. Con la quarta stagione Hillenburg rimane solo in veste di produttore esecutivo e lo sostituisce come showrunner Paul Tibitt, chiamato anche a dirigere il ritorno di SpongeBob su grande schermo a undici anni di distanza dal debutto cinematografico.
Il risultato, piacevolmente nonsense, è fedele all’immaginario ormai sedimentato, ma si dimostra in grado di agganciare anche nuovi adepti grazie ad alcune furbizie: una trama fitta di divagazioni ma anche solida nell’ancorarsi a trovate non di primo pelo ma di sicura efficacia (i viaggi nel tempo), la specifica di coordinate precise e inappellabili (il fine ultimo è recuperare la ricetta dei “fondamentali” “Krabby Patty”), e, soprattutto, il cavalcare la moda del momento dei supereroi. Quando, infatti, il team (sul valore del lavoro di squadra SpongeBob spende molte energie) fuoriesce dall’acqua, i cinque malcapitati abitanti di Bikini Bottom, potendo scrivere il proprio destino in base a un libro magico (La storia infinita docet), scelgono di dotarsi di superpoteri.
Se la prima parte ricalca tutto sommato i cartoni con un buon ritmo ma senza grandi sorprese (a parte la esilarante passeggiata nel cervello di SpongeBob indagandone i sogni e la creazione di una macchina del tempo sui generis), è con l’incursione nella terraferma che il film decolla definitivamente, grazie anche a una riuscita commistione di computer grafica e live action. Da questo momento il delirio, già difficilmente contenibile, straripa definitivamente, con gag tanto assurde quanto trascinanti, dagli umani spiaggiati scambiati per enormi cetacei, alla battaglia con armi commestibili (in principio fu Piovono polpette). Un concentrato di anni di cultura pop, per cui nulla si inventa ma tutto si ricicla (c’è spazio anche per l’imbarazzante “Clutch Cargo”), assimilati e strizzati all’inverosimile per puro spasso.
Tanto per dare l’idea del tenore di follia che pervade la pellicola, si distingue, tra le new entry, un irresistibile delfino che non va in bagno da millenni (e quando finisce la missione scatologica ha costantemente la carta igienica pendente dalla coda) e da guardiano e protettore dell’universo decide di diventare fata madrina. Antonio Banderas, protagonista umano della parte live action, si presta al gioco con disinvoltura, sfidando in più occasioni il ridicolo (ma ormai ci è abituato). Un film baciato da un imprevisto successo e destinato sicuramente a dividere. Se non si accantona la razionalità il rischio è infatti quello di non riuscire a entrare nel coloratissimo e frastornante turbillon visivo, e ai margini si scivola, ma l’intrattenimento, anche se esagerato, è consapevole e ha forza e coerenza per incrinare ogni lecita resistenza.