Animazione, Azione, Commedia, Fantascienza, Recensione

SPIDER-MAN – UN NUOVO UNIVERSO

TRAMA

Miles Morales, promettente ragazzo di Brooklyn, viene morso da un ragno radioattivo che gli conferisce poteri molto simili a quelli di Spiderman. E saranno proprio gli altri Spiderman provenienti da universi paralleli ad addestrarlo e aiutarlo a sabotare l’acceleratore di particelle di Wilson Fisk, aka Kingpin, che provocherebbe la distruzione dell’intera città.

RECENSIONI

"Quella persona che aiuta gli altri semplicemente perchè deve o dovrebbe essere fatto, e perchè è la cosa giusta da fare, è davvero, senza alcun dubbio, un vero supereroe."
Stan Lee

La citazione, che chiude il film e apre ai lunghissimi titoli di coda, non è solo un amorevole omaggio al recentemente scomparso e compianto Stan Lee, ma definisce ontologicamente l'anima di ogni prodotto – che sia su carta o su pellicola - della Marvel: non l'epica di semidei coinvolti in umanissimi problemi, come nei riusciti Wonder Woman e Aquaman che suggeriscono come la Warner/DC abbia finalmente trovato una propria voce dopo i numerosi e fallimentari tentativi di tener testa alla storica rivale, ma la storia di uomini con grandi poteri da cui, lo sanno tutti, derivano grandi responsabilità. Ma Spiderman – Un Nuovo Universo non vuole ribadire il già detto e, se lo fa, lo riassume in pochissimi secondi; anzi lo fanno i vari Spiderman non appena entrati in scena, introdotti dalle copertine dei loro albi: split screen in un serratissimo montaggio ed ecco raccontata ciascuna genesi, tutte diverse eppure così simili e accomunate dal medesimo destino. Non quindi un film che parla di supereroi (del resto, qualche mese prima, gli Incredibili 2 aveva già riflettuto in modo non banale su cosa significhi far parte di questa schiera di esseri e del loro rapporto con la società), ma che parla ai super-eroi. E chi sono? Potenzialmente noi tutti. Non c'è un solo Spiderman, ma tanti quanti i possibili universi la mente umana possa concepire, tutti sostanzialmente con gli stessi problemi/villain da affrontare, gli stessi affetti per cui lottare, le stesse perdite da superare. E chi meglio di Spiderman in persona può insegnare a essere uno spider-man? È una famiglia disfunzionale di spider-individui ad allenare Miles Morales per aiutarlo a controllare i suoi poteri, ben sapendo che le sue peculiarità, il suo vissuto, ciò che lo distingue davvero dai suoi “doppi”, sono la chiave della sua vittoria. Il super-uomo ridiventa quindi uomo, uno fra tanti, perchè quel potere che lo eleva dalla massa viene in qualche modo democratizzato. Ma allora è ancora possibile essere un supereroe? Che cosa può permettere di superare la massa? Un fortuito incidente o le scelte che ognuno è in grado di compiere? Fotocopiando all'infinito il super-eroe Marvel più famoso si finisce per negarne l'essenza stessa, per poi infine riaffermarla e potenziarla. Se gli X- Men rappresentavano un eterogeneo gruppo di super-diversi, ora cade anche il mito dell'eccezionalità del super-potere, e la diversity (così cara a Hollywood oggigiorno), torna a essere quella umanissima della razza, del sesso e, perché no, del tempo. Il Peter Parker, che, secondo il contratto Sony-Marvel, deve essere etero e caucasico, muore a inizio film per lasciar spazio ad altri spider-man che, sempre da contratto, non hanno vincoli di genere e di razza: un ragazzino afro-latino, un giornalista del primo Novecento, un maiale, una ballerina e una bimba giapponese alla guida di uno spider-robot.
Diverso è anche il look. Nei recenti lungometraggi animati le ricerche grafiche della CGI sono state sempre più orientate verso il realismo, mentre solo recentemente si stanno sperimentando alternative al disegno delle figure umane, che da Rapunzel in poi hanno visto primeggiare la Disney - il cui stile inconfondibile è insieme limite e punto di forza - sugli altri studi, in quanto tale design sembra funzionare benissimo in un modello tridimensionale. Lo sperimentalismo vero è proprio è invece relegato ai corti animati (tra cui spiccano sempre quelli Disney e Pixar), dove i trascurabili vincoli di budget e di aspettative hanno liberato quella inventiva prima riscontrabile sono nelle animazioni tradizionali. La Sony Pictures Imageworks, che da sempre si è distinta per uno stile di animazione molto cartoon (suoi i vari Hotel Transylvania e Piovono Polpette), trovandosi ad animare un fumetto, decide per una scelta un tempo più ovvia ma oggi immensamente più rischiosa: ricreare davvero un fumetto in movimento, quella sensazione che si ha nello sfogliare velocemente le pagine di un libricino e vedere un disegno muoversi; il tutto con le moderne tecniche digitali, la CG e le infinite libertà creative da esse permesse. In realtà la Blue Sky si era già lanciata in una sfida simile con Snoopy and Friends – Il film dei Peanuts (2015), tratto anch'esso da una striscia, animato per la maggior parte a 12 frames al secondo, cosa che conferisce una “scattosittà” da vecchio artigianato, mentre il rendering, che appiattisce luci e ombre, e le fumettistiche linee di movimento, danno alla pellicola un look estremamente 2D. Ma la Sony va oltre, e spesso in una stessa scena anima un Miles Morales ancora impacciato a 12 frames mentre gli altri navigati spider-personaggi eseguono complesse acrobazie a 25 frames (standard di fatto di una fluidità performante ma spesso molto fredda). Come se non bastasse, vignette e onomatopee (animate tradizionalmente) guidano e aiutano la narrazione proprio come in un comic-book. Per dare il senso del movimento o di un forte impatto, il classico motion blur è sostituito da linee di movimento e contorni sfocati (astuzie fumettistiche), mentre veri anaglifi 3D simulano l'effetto di profondità, altre volte dato da studiatissime prospettive e punti di fuga. Gli smear frames, vale a dire singole immagini dove si va volutamente off -model esagerando forme e proporzioni, tipici dei cartoon sono utilizzati solo su Spider-Ham, che ricorda e si atteggia come un Looney Tune, così come Peni Parker è spesso avvolta da quei raggi di luce tipici dei manga, a cui rimanda il suo stesso design e l'acting. Non solo, ma il medium animato restituisce un elemento essenziale del fumetto che mai nessun live-action è riuscito ad eguagliare: la posa, dove la silhouette - spesso anche anatomicamente impossibile, ma d'effetto e iconica per ogni supereroe – e le eventuali sproporzioni di forme, tanto irreali quanto efficaci (Kingpin è praticamente una sfera), non potranno mai essere riprodotte da un corpo attoriale tanto efficacemente, nemmeno dagli straordinari trasformismi di un Christian Bale.
Insomma Spider-man – Un Nuovo Universo è un cine-comic che ribalta le sue stesse regole per ribadirle, un film che non solo sa di essere un fumetto e il prodotto di un infinito merchandise, ma che si veste della sua natura meta, divenendo oggetto e medium della sua narrazione. Ovvio che la Sony si è accorta di avere tra le mani una nuova gallina dalle uova d'oro che il pubblico deve ancora imparare a conoscere, prima di tutto perchè certi pregiudizi sui “cartoni animati” sono fortemente radicati: il film, osannato dalla critica e dagli addetti ai lavori ben più delle altre trasposizioni cinematografiche “dal vero” del famoso arrampica-muri, sebbene di successo, ha incassato molto meno degli altri film della saga; eppure il personaggio, il tono e l'universo sono gli stessi. Peccato però, che i già numerosi sequel e spinoff annunciati non siano esattamente il giusto modo per vincere questa crociata.