Recensione, Spionaggio

SPECTRE – 007

Titolo OriginaleSpectre 007
NazioneGran Bretagna/ U.S.A.
Anno Produzione2015
Durata148'
Montaggio
Scenografia

TRAMA

James Bond, a Città del Messico, uccide il criminale Marco Sciarra. Dietro c’è una potente organizzazione segreta capitanata da Franz Oberhauser.

RECENSIONI

Nel trittico Casino Royale - Quantum of solace - Skyfall era possibile identificare un percorso preciso, anche se per molti versi problematico. Casino Royale tentava di emanciparsi dalle stilizzazioni bondiane più obsolete, Quantum of Solace continuava sulla stessa strada, rischiando però di far perdere identità alla saga (se ai film di 007 togli le zerozerosettate cosa rimane?) mentre Skyfall cercava un ulteriore perfezionamento con l'espediente, non certo nuovissimo ma efficace, dell'autoreferenzialità consapevole, tematizzazione dell'invecchiamento della serie e dei suoi protagonisti, continue citazioni e rimandi, celebrazione crepuscolare del proprio mito. Il film funzionava e funzionava molto bene, anche se rimaneva da chiedersi cosa sarebbe successo dopo. Perché, come scrivevo nella recensione, restavano comunque 'rimasugli dei vecchi film difficili da contestualizzare (le bellone che cadono tra le braccia di Bond, il villain quasi soprannaturale, lo stesso Agente 007 ontologicamente invulnerabile e invincibile), che continuano a cozzare con l'efficacia di altri passaggi nei quali invece la metamorfosi postembrionale della nuova saga sembra perfezionata, al netto di tutta la metatestualità di cui Skyfall è comunque imbevuto. (...) l'impressione è che l'inerzia classico/obsoleto/bondiana continuerà a contaminare la saga in maniera poco controllabile, divincolandosi e liberandosi dall'abbraccio di qualunque meta-tentativo abiurante'. Ed eccoci arrivati a Spectre, ossia al dopo-Skyfall. Come sono andate le cose? Non benissimo. Di fatto, l'impressione è quella di un netto passo indietro, di un'indecisione priva di quella consapevolezza che aveva decretato la fortuna e la riuscita del film precedente. La BondGirl che cade tra le braccia di Bond, cioè, non sembra una strizzata d'occhio al passato ma proprio una BondGirl che cade tra le braccia di Bond (tutta la parentesi con la Bellucci è, a proposito, imbarazzante a tutti i livelli). Stesso discorso per l'auto full optional, con missili, sedile eiettabile e lanciafiamme, c'è un po' di ironia ma non vera sdrammatizzazione. Le bondate, cioè, risultano 'veramente' obsolete e il film non sembra fare niente, anche a livello di sceneggiatura e di regia, per prendere le distanze o per farci sentire complici di un difficile ma necessario svecchiamento. Si procede semplicemente a singhiozzo, tra qualche buon momento (il piano sequenza iniziale, molto ben orchestrato) e le molte autocitazioni non adeguatamente contestualizzate (la cicatrice e il gatto bianco di Blofeld, la Aston Martin DB5) che naufragano in mezzo alla comicità involontaria e alle lungaggini di un intreccio inconcludente, oro poco chiaro perché inutilmente complicato, ora quasi offensivo nel fornire le spiegazioni del caso. Non solo, quindi, Mendes non è riuscito a divincolarsi dall'obsoleta classicità bondiana ma è, in un certo senso, regredito, tornando in un pericolosa terra di nessuno nella quale i tentativi modernizzanti sanno di modernariato e le tracce del passato sono chiazze di muffa.

Sam Mendes ritenta la felice formula di Skyfall snidando altre tracce sul passato di 007: ma è anche, come ha dichiarato, più interessato ad esplorare le componenti leggere della saga, fra azione e divertimento. Due anime che diventano un controsenso: dopo la magniloquente sequenza d’apertura a Città del Messico durante il Día de los Muertos, con strabilianti piani sequenza in movimento e masse, il ritmo va a singhiozzo, senza più scene (così) spettacolari, ma tante fughe e cazzotti, tentativi di introspezione e battute lapidarie, sesso off e parco erotismo. Anche gli sceneggiatori paiono più preoccupati di rendere omaggio agli altri capitoli che inventare qualcosa di nuovo o sorprendente (Città del Messico come il Carnevale di Rio di Moonraker, l’azione in treno come in Dalla Russia con Amore, e così via). Un andamento sussultorio, che si specchia nel tipo schizofrenico di Léa Seydoux (salvata, allontana Bond, poi lo seduce, poi è una scocciatrice…), che non inficia però il pathos complessivo, con l’MI6 nei guai, azioni nell’ombra e il villain di Christoph Waltz che fa la differenza in puro stile Spectre (organizzazione assente dai tempi di Una Cascata di Diamanti), con tanto di gatto e cicatrice sull’occhio. Lo scontro fra i due colossi, che occupa la seconda parte, è eccitante. Agli annali: il capitolo più costoso, 350 milioni di dollari, in gran parte dovuti al fatto che Mendes gira solo on location (fino a Tangeri) e senza scorciatoie (il citato brano di apertura con 1.500 comparse, quello finale con veri elicotteri sul Tamigi, l’inseguimento di prototipi in Roma by night).