TRAMA
Ancora cinque settimane ed il satellite russo per comunicazioni IKON entrerà nell’atmosfera terreste distruggendosi. Viene richiamato, per mettere tutto a posto, colui che ne aveva progettato – inconsapevolmente – il sistema operativo: riuscirà ad andare egli stesso nello spazio, con la medesima squadra con la quale lavorava negli anni ’60, ma non tutto andrà liscio, ovviamente.
RECENSIONI
Nell'ottobre del 1947 Chuck Yeager supera a bordo dello X-1 il muro del suono. Gli stati Uniti e la corsa tecnologica: questo è l'inscindibile binomio della guerra fredda per l'occidente. Dopo il volo supersonico sarà il progetto Gemini ed Alan Sheperd, primo uomo libero nello spazio, verranno lo shuttle, lo scudo spaziale reaganiano e tutti gli altri ammennicoli degni del merchandising hollywoodiano post Jurassic Park. L'entusiasmo è destinato però a crollare con il socialismo reale: la corsa non è più all'armamento ma, per il dilagante sfacelo d'oltre cortina, alla ricerca del modo di tamponare lo sbriciolarsi - spesso letteralmente - dell'esoscheletro tecnologico e tecnico ormai colpito da inguaribile senescenza. Dei tempi "eroici" ben poco rimane, un ristretto vocabolario anti-commie ormai vetusto, armamenti rugginosi e "last but not least" dei vecchietti che ben si ricordano quei tempi - vecchi conti da saldare (perifrasi di prammatica in questi casi) - ultimi detentori di un sapere fatto di valori e transistor, almeno così Eastwood vorrebbe farci credere.
Il regista torna ai temi della fantapolitica tecnologica a diciotto anni dal poco più che guardabile Firefox e conferma che questi non sono accordi adatti al suo pianoforte; Space Cowboys è nulla più che un prodotto americano, in senso non certo positivo, frutto di un assemblaggio imperfetto, zoppicante per dirla tutta. Pretestuoso nell'agganciarsi alla cronaca, ormai quasi dimenticata, di John Glenn settantasettenne sparato nello spazio nel 1997 più come cavia acchiappa finanziamenti che come elemento attivo della spedizione, il film, bisogna ammetterlo, appare più che altro un costoso giochetto per far divertire Clint regista-attore ed i suoi amici Sutherland, Garner & Lee Jones; preso in questo senso si può anche concedere che il tutto sarebbe pure sopportabile se non fosse sin troppo vivo il ricordo degli ultimi lavori di Eastwood, forse non tutti ottimi ma certamente molto più densi tecnicamente e soprattutto tematicamente.
Ora, al primo morso, per i primi 40' il lavoro riesce ad ingranare ed è a tratti una discreta commedia: la riunione del gruppo, gli allenamenti e, ma sì, anche il prologo in b/n (forse un po' troppo corto per essere incisivo nello stagliare i personaggi) sono, nonostante la chiara organizzazione per scenette, godibilissimi; a questo punto sembra però farsi strada nella testa dello sceneggiatore l'idea che portare fino in fondo la commedia non sarebbe cosa giusta, ("non sarà mica immorale, è faccenda ben seria questa dopo tutto"), e che quindi è necessario darci un taglio con le risate e spingere sul pedale - ormai usurato da Hollywood, da Sirk in qua - del patetico inutile. Si incomincia con la malattia di Tommy Lee Jones, senza dimenticare l'interludio amoroso tra questo - dimenticavo: vedovo! - ed una scienziata, per finire con gli ultimi cinque minuti che definire pleonastici sarebbe fin nobilitante. Spicca poi per empietà la sequenza finale che riesce a distruggere quanto di eroico c'era stato nel gesto di Hawk (Jones), forse il primo suicida spaziale, smorzando in inutile retorica priva di sentimento l'uscita di scena dei personaggi.
Lo spettatore certo apprezza la simpatica sornioneria dei quattro vecchietti così ben caratterizzati da attori che sono qualcosa più che scafati: su tutti lo spassoso ed ottimo Sutherland collaudatore di ottovolanti un poco erotomane cui tiene il passo Garner un pastore protestante con sgargianti camicie hawaiane cui mancano le parole per la predica.
In sostanza ben poco hanno da offrire questi uomini della frontiera spaziale, possessori di virtù - tenacia, coraggio e quant'altro d'uopo - che sono incapaci di comunicare alle giovani leve ridotte a macchiette di yuppies arroganti e traditori: non c'è evoluzione alcuna, l'obsolescenza tecnologica, biologica e finanche morale guariscono solo con la morte, l'annullamento nell'infinitamente grande dello spazio cosmico o nell'inutile intimo famigliare (Clint che abbracciando la moglie guarda verso la Luna); i relitti della memoria, così la scritta CCCP sul satellite pari a SPQR su un vessillo rinvenuto nel fango, sono destinati all'oblio imposto dall'invadenza del nuovo assoluto.
Quanto dell'epiteto di "autore" Eastwood era riuscito ad ottenere con Un Mondo Perfetto, Bird, Gli Spietati, Mezzanotte nel Giardino del Bene e del Male e con i primi e talvolta sottovalutati western, si sbriciola di fronte ad un opera raffazzonata, viva finché non entrano in scena gli effetti speciali (stravisti) a dominare inesorabilmente l'azione con la solita arroganza: enormi fondi di bottiglia incastonati su un'esile ma graziosa e ben cesellata armatura.
Ammesso che possa interessare il titolo di USA Today "The Ripe Stuff" (lett. la roba matura) rimanda al bellissimo film di Kaufman che consigliamo in sostituzione di Space Cowboys, "The Right Stuff" ("Uomini Veri"), ripreso anche formalmente da Eastwood nel prologo; altra piccolezza da Trivial Pursuit è che il personaggio interpretato da Tommy Lee Jones sembra un calco del Charlie Varrick dell'omonimo film di Siegel.