TRAMA
Michele Apicella deve girare il suo terzo film, intitolato “La mamma di Freud”, ma è in piena crisi creativa ed esistenziale.
RECENSIONI
Rabbioso, pieno di idiosincrasie e di sé, indisponente nella sua indifferenza sprezzante. Michele Apicella, alias Nanni Moretti, è così. Noi, il pubblico televisivo "di merda" e di manichini al cinema applaudiamo, ci divertiamo. Forse siamo da psicanalizzare. Intanto sul lettino woody alleniano dello psicanalista si corica Moretti, non a proprio agio con la celebrità conquistata, sempre pronto a percorrere la linea sottile (ambigua) che separa il proprio solipsismo malato d'onnipotenza ("Io sono il Cinema!") e l'autocritica più schietta e feroce. Ogni situazione paradossale presentata ha un doppio volto come Il Dottor Jekyll e Mr. Hyde (o il Monsieur Opale de Il Testamento del Mostro che Nanni cita in chiusura): tragica e allo stesso tempo sardonica. Il tormentone del "pastore abruzzese, la casalinga di Treviso, il bracciante lucano" è un dardo avvelenato verso chi lo critica in nome del cinema americano (“L'ultimo film di Don Siegel è orrendo!”) ma nei “sogni d'oro” il rimprovero più pesante lo riceve Michele da Laura Morante: “Sei un arido preso solo da se stesso, in cerca di consenso nonostante l’intransigenza ostentata”. Mancanza di idee? Che ci vuole a strumentalizzare la Contestazione? Magari con un musical in stile sovietico sulle marce contro la Guerra del Vietnam. Meglio un autore in crisi creativa che non ha altro di meglio da rappresentare che se stesso? La diagnosi rimane sospesa in attesa di più coerenza da parte del Nostro. La televisione è volgare ma Michele ci sguazza, vorrebbe gridare a tutti quello che pensa ma finisce col trovarsi in bocca frasi di circostanza. In fondo è solo un uomo, non Dio. Gli inserti onirici sono fatti della stessa materia della realtà perché siamo al cinema, in un 8 ½ dove l'autobiografismo si richiude “in” ed esce “da” se stesso (“omaggia” i Taviani, di cui fu interprete in Padre Padrone: vedi i due insistenti fratelli che vogliono imparare il mestiere), in un Effetto Notte dove l'unico oggetto d'amore pare essere il regista stesso, in una “Interpretazione dei Sogni” dove il paziente si confonde con lo psicanalista ed è travolto da un devastante Complesso di Edipo. S'ode chiaro solo il grido di disperazione di un uomo che non vuole morire senza promesse d'eternità, senza certezze d'amore.
