Drammatico

SOAP

Titolo OriginaleEn Soap
NazioneDanimarca
Anno Produzione2006
Durata102'
Montaggio

TRAMA

Charlotte lascia Kristian e va a vivere da sola. Al piano di sopra vive Veronica, un transessuale patito delle soap americane. Charlotte e Veronica intrecciano una relazione che sorprenderà anche loro. _x000D_

RECENSIONI

Lo scopo di En soap , gran premio della giuria e migliore opera prima a Berlino 2006, è chiaro: utilizzare la struttura della soap opera, e la sua sostanza, secondo un approccio drammatico serio e non serialistico, mescolare l’alto e il basso (dramma psicologico e romanzone a puntate) e vedere di nascosto l’effetto che fa. La scommessa si gioca sui toni: a ben guardare infatti gli elementi utilizzati sono quelli di qualsiasi soap che si rispetti (amore&sesso, dolori, tentati suicidi, figure genitoriali ingombranti, tempo presente figlio di passati tormentati, rivelazioni, scenate, addii e riconcilazioni) ma declinati secondo uno stile che è quello del severo lavoro autoriale: all’ingessato e asettico registro delle produzioni televisive si sostituisce un quasi esasperato uso della macchina a mano digitale, una fotografia tarata e livida, titoli mossi e quasi sciatti. Il film comincia in medias res, lo spettatore entra in una storia già avviata da tempo (l’intera opera risulta, a ragion veduta, il frammento di una narrazione-fiume che ha un inizio e una fine non definiti) e questa condizione viene rimarcata dalla struttura ad episodi, dai microriassunti (voice off e slideshow fotografico in bianco e nero) che, secondo tradizione, non si limitano soltanto a ragguagliare chi guarda sul punto a cui è giunta la faccenda ma anche sui suoi possibili sviluppi, sugli elementi che potranno mettere in moto ulteriori avvenimenti. Ma il film è intelligente anche nel modo in cui ammicca al modello di riferimento, e ci si riferisce non solo all’ovvio specchiarsi dei personaggi al piccolo schermo che rimanda le immagini di un teleromanzo, ma anche e soprattutto nella vocazione attoriale di Veronica/Ulrich (che recita per i suoi clienti), nelle inquadrature esterne - attraverso didascalici rami fioriti - dello stabile nel quale è ambientata la vicenda, nel modo sornione in cui l’autrice ribalta i canoni su cui la produzione televisiva si fonda (nella scena del bacio tra i due protagonisti l’uomo indossa la gonna, il pantalone lo porta la donna ed è quest’ultima che tenta l’approccio sotto la cintola), e nel sagace sfruttamento della puntigliosa e rallentata (e infine veritiera) trattazione dei fatti propria delle novela per scavare a fondo nei personaggi, restituirli attraverso dettagli di sorprendente precisione. Persino il modo in cui la regista sembra tirarla per le lunghe (l’ultima parte del film annaspa alquanto) potrebbe essere interpretato come una citazione del genere di riferimento (non ci vogliono dieci puntate perché accada UNA cosa?). Molto bravi gli attori, con particolare plauso a Trine Dyrholm, una Charlotte memorabile, e titoli di coda sulle note di Creeple and the Starfish di Antony (il melodramma allo stremo).