TRAMA
SMOKING ruota attorno alle vicissitudini del giardiniere, innamorato della moglie del preside della scuola e amato, a sua volta, dalla cameriera.
NO SMOKING, invece, si focalizza maggiormente sulla figura del professor Miles, cornificato dalla consorte, anche lui invaghito della moglie del preside di cui è amico.
RECENSIONI
Alain Resnais ha preso a prestito la commedia monumentale (ben otto ore) di Alan Ayckburn (‘Intimate exchange’) e ne ha tratto due film speculari, che possono essere visionati separatamente (conservando…“memoria” l’un dell’altro) o tutti d’un fiato; l’idea di partenza del commediografo inglese calza a pennello con la poetica cara al regista: osservare come mutano i destini attraverso le più impercettibili varianti. Le due labirintiche vicende prendono le mosse (lo stop-frame lo sottolinea) dall’atto o meno del fumare della moglie del preside. Da qui si dipanano vari “atti unici”, introdotti da uno storyboard disegnato, che vengono poi riesaminati inserendo ulteriori cambiamenti nelle scelte, nelle frasi dei protagonisti e così via. Per sottolineare ancor di più il ruolo demiurgico del Caso rispetto al Libero Arbitrio, vale a dire alle differenze di scelta fra persona e persona, gli stessi due attori recitano le nove parti previste (si avvicendano con trucchi prettamente teatrali: nessun effetto speciale, non sono mai in campo contemporaneamente): è l’evento accidentale a stabilire gli amori, le indoli, le simpatie. Comunque si rigiri, il percorso vitale contempla sempre dei rimpianti ed ogni attore è preposto contemporaneamente a soffrire e a far soffrire gli altri; l’unica costante è la morte (in tutti i percorsi, c’è la lettura della scritta sulla lapide del poeta). Resnais si compiace ancora nel frammentare il tempo, i tasti "fast forward" e "rewind" del telecomando sembrano impazziti, in realtà seguono percorsi molto lucidi. Il testo di Ayckburn è pervaso da un gustoso e sottile humour inglese (la scena del capanno, quella della gogna) ma, nel complesso, non è trascinante, risulta spesso tedioso, ripetitivo e plateale, poco riflessivo, dimenticando di sfruttare appieno le potenzialità dell’idea di base. È opinabile, oltretutto, la scelta di Resnais di mantenere del tutto l’impianto teatrale (tremendamente faticoso sul grande schermo), affidandosi completamente ad esso ed agli interpreti, sottoposti ad un tour de force impressionante: Pierre Arditi è semplicemente fantastico, Sabine Azéma, a tratti, calca troppo i suoi personaggi.
