Criminale

SLEVIN

Titolo OriginaleLucky Number Slevin
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2006
Genere
Durata109'
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Musiche

TRAMA

Scambiato per un suo amico, Slevin si ritrova indebitato sia con un boss di colore che con il suo acerrimo nemico ebreo. Per pagare uno deve uccidere il figlio dell’altro, mentre un losco figuro trama alle spalle di tutti.

RECENSIONI

Gangster n° 2: con i sodali Andrew Hulme al montaggio (elaborato, barocco) e Peter Sova alla fotografia (vivace, pianificata), e in aggiunta il denys-arcandiano François Séguin alle scenografie (raffinato kitsch), il feroce quanto spensierato McGuigan (scozzese) fa sì pulp tarantinato (fra ilare crudeltà e aneddoti), ma la sua vera fonte d’ispirazione, oltre al solito La Sfida del Samurai, è la trentennale tradizione inglese di film gangster sadici e sopra le righe, ingrassata dal suo stilizzato, estroso talento figurativo. La trama dell’esordiente Jason Smilovic dissemina personaggi, parabole (e divertite citazioni), misteri e flashback, scollegati dalla “mossa Kansas City” (annunciata dal personaggio di Bruce Willis: far guardare a destra per prendere di sorpresa a sinistra), spaesati dalla varietà di registri (commedia degli equivoci, sentimentale, paradossale, thriller malavitoso e film di vendetta), resi ambigui da caratteri che (ad eccezione della frizzante e spudorata Lucy Liu) hanno tutti qualcosa di amabile nonostante la spietatezza e viceversa, da Willis che non è quello che sembra (soprattutto su sedia a rotelle), ai due boss che paiono ex-fidanzati feriti nel cuore, fino al poliziotto bastardo del grande Tucci cui, in almeno due scene, McGuigan riserva uno sguardo gentile e/o di sofferenza. Dopo molti colpi di scena e tripli giochi, però, tutto torna e lega (e non è poco). La violenza, più che stemperarsi nel grottesco, scorre atarassica come il carattere (splendido) di Slevin/Josh Hartnett, sorridente nonostante tutto, rilassato come il commento sonoro in contrappunto con le situazioni allucinanti. Il sangue ferisce e non (ci sono almeno quattro omicidi a sangue freddo che fanno accapponare la pelle, ma due si rivelano finti), le ingiustizie pesano e non (mitigate dalle numerose situazioni crudo/buffe), l’immedesimazione con Slevin “lingua-lunga” ci tranquillizza, ma l’amore iniziale e il palese dolore finale svelano che l’opera finto-dura è anche finto-epicurea.