Recensione, Sperimentale

SLEEPLESS NIGHT STORIES

NazioneU.S.A.
Anno Produzione2011
Durata114'

TRAMA

“Il film nasce dalla mia lettura delle Mille una notte. Sebbene, a differenza delle fiabe arabe, le mie storie siano tutte tratte dalla vita reale, anch’esse, a un certo punto, si inoltrano in territori che vanno ben oltre la quotidiana routine delle nostre vite. Nel film racconto circa venticinque vicende differenti, i cui protagonisti sono tutti miei buoni amici e delle quali io stesso faccio parte” (Jonas Mekas)

RECENSIONI

Pensate ad un novantenne, visionario, folle, bevitore ed insonne che rilegge 'Le Mille e una Notte'. Basterebbe questo per spiegare l'ultimo film di Jonas Mekas, invece no. Sleepless Night Stories  è questo e molto altro. E' soprattutto, l'esigenza di ribadire che il cinema è qualcosa che si fa, che risponde a una sua innata materialità, che prescinde dalle astrazioni 'artistiche' e si colloca fermamente nella concretezza della vita, dell'esserci, del maneggiare momenti, eventi, attese, sentimenti del tempo cui si appartiene. Un film che è viaggio tra la notte infinita di Mekas in 25 tappe, a trovare figure sconosciute e volti noti all'interno dell'anima del grande filmmaker underground lituano. Mekas dispone il suo spirito alla narrazione per affermare la persistenza di una spiritualità immanente, in cui l'intreccio più o meno casuale di presenze, di incontri cercati o trovati, di vicinanze e lontananze diventano trama di un tessuto esistenziale che tiene calda la vita e brucia la flagranza del 'fare cinema' al cospetto della glaciale concretezza del reale. Parte dal suo studio ricolmo di materiali, dal suo spazio privato che l'urgenza dell'archiviazione, la contingenza del 'sistema' inscatola e  finisce con l'uscire di casa in cerca di storie tristi, ma anche di storie fatte di bellezza, strappate dal caso/caos e fissate nel/al cinema. Per finire poi nel gioco di riflessi e reminiscenze di un'infanzia trovata nel verde di un bosco. Le storie delle notti insonni di Jonas Mekas hanno il sapore della vita che (rac)conta se stessa, del bilancio di un'esistenza che procede tra la pesantezza del fare (dell'aver fatto) e la leggerezza del vivere (dell'esser vissuti). Come dice il regista stesso queste sono storie tratte dalla vita reale, in cui il narratore è spesso anche il protagonista, storie che si inoltrano in territori che vanno ben oltre la quotidiana routine delle nostre vite, sono tutte importanti storie personali.  Calato al centro dello spazio da rappresentare, operatore e attore allo stesso tempo, distaccato e, contemporaneamente, coinvolto nella materia trattata. Intorno a lui ruota l'underground universale, lo sperimentalismo di verità/finzione, dentro di lui come in pochi altri scorre il cinema arterioso che ha sempre nutrito quel cinema venoso (che non è mai stato in grado/non ha mai voluto, restituire). Vorrebbe vivere e lavorare nel suo mondo/cinema "brado" e chiede una casa/laboratorio dove poter ripensare alla verifica (mai) certa del suo sguardo, ad un ordine incondizionato. Questo film mostra ancora una volta (se ce ne fosse stato bisogno) la sua voglia di far girare il mondo su architetture che si contorcono su se stesse, si sovrappongono, cambiano funzione d'uso, cavano dalla visione l'angolo imperfetto della visionarietà. Ancora una volta è questione di vertigini sensoriali rappresentate da un penoso senso di instabilità. Con una forza stilistica di grande impatto visivo che nasconde significati poetici di toccante emotività dalla precaria esistenza sotterranea. Performance live, installazione temporanea che frantuma il determinismo biologico, la teoria pavloviana della percezione univoca. Soggettiva di Mekas che esprime attraverso un mondo assolutamente transitorio, un  expandend cinema, ineluttabilità del girare e girarsi come stritolato dal gomitolo del tempo bergsoniano. Una vita dedicata a tutte le (im)possibilità del cinema nel nostro mondo contemporaneo, culminata in questo mettere in scena il suo (possibilmente) infinito treno nella notte, che scorre lasciando dietro di se soltanto memoria e che continua a corrodere l'anima. Amici, bevute, una telecamera a portata di mano, tutto qui. Ancora una volta la sottile linea rossa tra il visto e il vissuto, il ricordo e il fotogramma si spezza. Il cinema e la vita camminano assieme sulla strada della memoria con un linguaggio proiettato al futuro. Scompariranno gli autori, l'opera/vita rimarrà.

That's me, one 'me' of many. The very question of what is a story, is a provocative question (Jonas Mekas)