Drammatico, Proibiti

SLEEPING BEAUTY

Titolo OriginaleSleeping Beauty
NazioneAustralia
Anno Produzione2011
Durata101'
Sceneggiatura
Montaggio
Scenografia
Musiche

TRAMA

Lucy è una ragazza bellissima che per mantenere i suoi studi fa svariati lavori equivoci; entra infine in un giro di cameriere-intrattenitrici per uomini dell’alta società…

RECENSIONI


L’ombra lunga del presunto cinema d’essai anni ’90 a Cannes 2011 si materializza nella doppia cornice al femminile che stupisce per rischio d’impresa, ma non necessariamente nella sua resa finale. Con Sleeping beauty, Julia Leigh disegna un quadro raffreddato, debitore di pallori giovanili e di morbosità trattenuta alla Egoyan, rifacendosi alla classica figura de la belle endormi di Perrault. Incastonata la vicenda di Lucy (Emily Browning) al tempo presente, Leigh tenta la strada dall’asettica ripetitività delle azioni e dei luoghi entro cui compierle, mettendo in primo piano sequenza dopo sequenza, sempre l’efebica studentessa universitaria che per arrotondare fa la cameriera, la cavia per un sondino gastrico, la segretaria chinata sulla fotocopiatrice e la squill(in)o d’alto bordo. Solo che gli agiati e attempati signori che animano altezzosamente le cene, e che pretendono massima pulizia, eleganza e nudità alle ragazze, amano un bordello tra Eyes wide shut e Il fantasma della libertà.


Tanto che per arrivare al dunque, uno ad uno ed in tempi differenti, i ricconi finiscono nella stanza d’epoca dove Lucy, volontariamente addormentata, li attende nuda tra le lenzuola. “La tua vagina è un tempio” afferma perentoria la maitresse, “non ci sarà penetrazione”, ma Lucy risponde subito che “la sua vagina non lo è”. Eppure in questa regia congelata con diretti e immobili piani frontali, non si sente la necessità del sorriso o dell’indignazione. L’opera prima della Leigh è così poco familiarizzante con lo spettatore che fa già impressione. Dietro la macchina da presa si erge una severa ad autoritaria maitresse del quadro ipercontrollato; di fronte ad essa un soggetto protagonista che diventa un vero e proprio oggetto di sperimentazione o, come ha scritto Liberation: “un ratto da laboratorio”. Il risultato staziona tra il più conclamato distacco e la feticistica attenzione di alcuni dettagli della preparazione corporea di Lucy prostituta.